Inaugurato il Giardino Luigi Bigiarelli a piazza della Libertà. Marco Impiglia era presente per testimoniarne la storia
Mercoledì scorso, “a las cinco de la tarde” come nel “llanto” di Federico Garcia Lorca, è partita la cerimonia d’inaugurazione del GIARDINO LUIGI BIGIARELLI a piazza della Libertà. Stavo lì, invitato dagli amici Fabio Bellisario, patron del gruppo LazioWiki, e Federico Eichberg della Fondazione SS Lazio 1900, quest’ultima organizzatrice della manifestazione.
Essendo per metà giallorosso, grazie a mio nonno materno che mi arruolò di forza tra i “lupetti” nel 1971, mentre guardavo la gente che si faceva i selfie con Olimpia, la dignitosissima aquila americana mascotte della SS Lazio Calcio (c’era Enrico Lotito, figlio del Presidente), non ho potuto fare a meno di sogghignare nel vedere una cosina davvero inattesa: la targa del giardino di nuova intitolazione era coperta da un drappo giallorosso! A rappresentare Roma Capitale, certo, ma, in ogni modo, un paradosso considerata la speciale situazione. Il paradosso, possibile immagino solo nell’Urbe, del nome del fondatore della SS Lazio vestito dei panni della AS Roma.
Chiusa la parentesi, leggermente scorretta – ma mi stava qui e non ce l’ho fatta a stare zitto che avrei fatto meglio, un po’ come la blogger Giulia Torelli – riprendo tra le mani la mia quota di sana “lazialità” e vado avanti. Da cronista dell’attualità col vizietto della storiografia.
Il momento più interessante è stato l’orazione di Fabio Bellisario, che nella sostanza ha presentato il libro suo ultimo: Lì dove la Lazio nacque. Centodieci pagine di attenta ricostruzione del contesto urbano e umano coevo alla nascita della Biancoceleste. La ricerca parla non tanto di Luigi Bigiarelli, quanto di personaggi come Luigi Del Bigio e Giovanni Santafede, i gestori del barcone “Pippanera” o “arca di Noè”, come scherzava il Belli, che ha funzionato da nido sul fiume per i pionieri della Lazio.
Stiamo parlando di eminenti “barcaroli”, e il Santafede, chiamato “Gambadilegno” dal romanista (cultore degli usi e costumi) Riccardo Mariani in un suo volume sul Tevere, lo vorrei catalogare nella specie dei proprietari di bar e caffè che servono l’apericena nelle vie e piazze più trendy. Con la differenza che, nell’inverno del trapasso del secolo, si trattavano pezzetti di baccalà fritti in padella accompagnati dalla polenta, rosolata per bene e anch’essa resa croccante dall’olio sfrigolante. E vino dei Castelli, naturalmente.
I nove, o quindici, fondatori della Podistica Lazio, apericenavano nel barcone sotto il ponte Regina Margherita dalla parte di piazza della Libertà.
A due passi dal mistico galleggiante derivato da una lancia pontificia, sul lungotevere dei Mellini, stava la famosa panchina che fu la loro prima “sede sociale” estiva. E poi nuotavano nel “Tevere bionno”. E correvano a piedi, o marciavano in stile, per digerire il fritto e aggiudicarsi medaglie d’argento e diplomi Audax.
Mercoledì, condotti dai loro maestri e dirigenti, ho visto con piacere un discreto numero di ragazzi delle società che compongono la polisportiva più ampia e antica d’Europa, con la data 1900 e la sua truppa di diecimila agonisti certificati. Uno degli oratori, non ricordo chi ma forse l’aureo presidente Antonio Buccioni, ha rimarcato che una tale presenza materiale testimonia dell’intatto spirito disceso dagli antenati ai pronipoti. Lo spirito leggero di chi ama lo sport per lo sport, senza l’impiccio dei denari da guadagnare per apparecchiarsi il resto dell’esistenza terrena. Tutta qui, in fondo, la distanza tra la Lazio Calcio e la polisportiva. Il motivo per cui, sessant’anni or sono, le due parti decisero di avviare l’iter per separarsi legalmente, mantenendo il sacro vincolo della comune origine.
I laziali li conosco bene, così come i romanisti d’altronde, sulla passione smodata dei quali ho scritto libri interi. I primi amano visceralmente la loro storia e ne seguono gli sviluppi, la commemorano e la esaltano a ogni piè sospinto. Il Giardino Luigi Bigiarelli, che arriva dopo la riscoperta della tomba al Verano di Fortunato Ballerini, è l’ultima stazione di un treno che continuerà a correre. “Noi sappiamo quando e dove siamo nati con assoluta certezza” – e mi pare proprio che questa frase, freudianamente insultante verso i cugini ma col giusto tono belliano, l’abbia profferita il possente Bellisario – mentre gli altri, quelli del vessillo giallorosso, non lo sanno. (Implicito).
E ha ragione, il mio egregio consocio. Perché alla AS Roma, nonostante gli sforzi, mancano le basi storiografiche: il primo statuto e la vera data di nascita, financo dove sia nata; a meno che non mi date retta che fu ideata da cuori fascisti il 2 maggio 1927 a via di San Basilio, vedi articolo già pubblicato nella presente rubrica. Una scaturigine nebulosa, quella della “Maggica”, per niente ammantata di leggenda come la genesi della Lazio, che vanta una sfilata di personaggi da fiaba a suo tempo descritti dalla “bibbia” di Mario Pennacchia. Esposizione romantica, aneddotica e romanzata al limite delle Mille e una notte, ma che ora si sta tramutando in un prezioso damasco, trapunto di solide acquisizioni storiografiche. L’acqua della sorgente laziale sta divenendo sempre più limpida.
E, a proposito di mito e realtà storica, chiudo ogni discorso con un accenno alla biografia del Bigiarelli Luigi, ex bersagliere sconfitto in Africa orientale, campione nello sport ma sfigato in amore. “Puntale”, come lo chiamavano gli amici, prima di dare vita alla Lazio era stato un tesserato della Associazione Cristiana della Gioventù, sodalizio espressione dell’YMCA che aveva la palestra a via della Consulta, vicino al Quirinale.
Ma, nel 1898, secondo le mie ultime ricerche che saranno presto in visione sul sito di LazioWiki, Bigiarelli era stato un tesserato della Società Romana di Nuoto 1889.
Meraviglia biancazzurra che tuttora respira, col galleggiante dirimpetto all’Ara Pacis che potete visitare salendo una passerella di legno, giù a ponte Cavour. Dal ponte di piazza della Libertà, in fondo a sinistra, la “Romana” si vede bene.
Da un altro club fiumarolo purtroppo defunto, la Rari Nantes Roma 1891, la Podistica trasse uomini e linfa; ad esempio, Alberto Mesones e un altro dell’originario gruppo dei “nove”, Enrico Venier, che abitava giusto lì a piazza della Libertà 10, dove oggi c’è un appartamento adibito a casa-vacanze. Bigiarelli, Mesones, Venier, tutti fringuelli, non ancora aquile, della Pippanera, il battello-pub dello zio Giovanni Gambadilegno.
Dal filo di fumo della pipa, consunta e bruciacchiata, di un vecchio storpio, all’imponente e splendida realtà della SS Lazio 2022-23.
I fiori più belli non nascono parimenti?