3 febbraio 1963, con la legge Gonella -L.69/63- nasceva l’ordine dei giornalisti. Oggi, sessant’anni dopo siamo ancora qui. Ma cosa è cambiato nel mondo? E cosa è cambiato nell’ordine?
È cambiata l’Italia, è cambiata l’Europa ed è cambiato il mondo stesso. Sono cambiati i giornali, sono cambiati i lettori, sono cambiate le redazioni, gli editori, i redattori e persino il modo di scrivere. Sono cambiate le necessità, la velocità ed i modi. Tutto viaggia a velocità supersonica, non si attende il giorno dopo per leggere le notizie del giorno antecedente. Queste possono essere lette a Wellington, ad Honolulu e ad Hong-Kong. Tutto in tempo reale. Ci sono i podcast, storie e reportage da ascoltare, ci sono i video su YouTube, il mobile journalism e il citizen journalism. Sono cambiate le paghe, i contratti e la previdenza. L’inpgi 1 è collassato, assorbito dall’Inps. Una volta con un giornale ti regalavano un aereo, ora sull’aereo ti regalano un giornale. Giornali storici sono scomparsi, altri sono nati, sia cartacei che online.
L’ordine è cambiato? No. Siamo rimasti a sessant’anni fa, con i metodi di accesso al professionismo ancorati ad una realtà completamente diversa. C’è bisogno di una riforma, che l’ordine stava tentando di fare per ampliare gli orizzonti, a novembre. I giovani aspettano questo, i colleghi aspettano questo. In sessant’anni è cambiato tutto e anche l’ordine ed i requisiti di accesso devono cambiare e tenere conto di questi cambiamenti.
Si deve guardare al futuro della professione, ai giovani e al nuovo modo di fare giornalismo che comporta impegni e necessità diverse. Ci deve essere la volontà di cambiare, non per chi è a metà o a fine carriera, o addirittura in pensione, ma per i giovani colleghi.
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