Due sono state le serate al Teatro Italia di Roma in cui Filippo Caccamo ha riunito insegnanti, collaboratori, amministrativi di tutte le scuole di ogni ordine e grado. E forse, come in una gita scolastica per uno spettacolo divertente, la platea si è animata a dismisura, una platea non composta da liceali o studenti delle scuole medie, ma proprio da quei docenti che con fatica tentano di placare gli animi durante le giornate outdoor.
Si, ora sono proprio loro che sprigionano energia ed entusiasmo, nonostante l’età media del pubblico non proprio acerba, in uno spettacolo che parla del loro mondo, di situazioni estreme, di socializzazione, di vita scolastica ed aneddoti che rimangono racchiusi nelle aule, nei corridoi, o più recentemente nei computer collegati per la DAD oltre che ovviamente nei ricordi di ogni insegnante, ed in mirura completamente opposta, nei ricordi di ogni ragazzo.
La vita scolastica è indubbiamente un microcosmo complicato da gestire, composto da personalità che tendono a decollare in modo diverso per ogni studente, da ironia e bronci, da situazioni talvolta paradossali, enfatizzate ed accentuate nella vita di ogni giorno che si scontrano nella vita reale di ogni insegnante che naviga quasi a vista anche nei rapporti con i colleghi, con i collaboratori e con “Sua Santità” il dirigente scolastico. Un microcosmo racchiuso in un monologo di Filippo Caccamo che con maestria resce a portare avanti attraverso il suo monologo, senza tregua, tra tra verifiche ed interrogazioni, temi scritti sui fogli a quadretti, gite, consigli di classe e collegi docenti online, PTOF, burocrazia, lezioni su Meet nel periodo pandemico, la LIM che non funziona.
In “Tel Chi Filippo!“, questo il nome dello spettacolo da lui ideato, c’è tutto come sottolineato dai consensi di chi in sala si riconosce e più o meno sottovoce sottolinea l’ironica situazione con “è vero, è vero…” e chi applaude a braccia alzate da ogni posto disponibile, compresi i posti occupati nei due ordini di gallerie del teatro gremite senza uno spazio disponibile.
Una soddisfazione personale quella del comico che, da studente universitario, è passato dopo la laurea dall’altra parte della barricata o meglio della cattedra, riuscendo a raccontare con il sorriso sulla bocca, sua e di quella del pubblico, anche situazioni che, seppur divertenti, fanno riflettere e talvolta lasciano un po’ di amaro in bocca.
Applausi e quasi una standing ovation la conclusione dello spettacolo senza la chiusura di un sipario, perché la scuola, la buona scuola, continua ad esistere con tutto il suo microcosmo ed ha comunque vita lunga, senza chiusure e senza tendaggi che fanno da filtro in un ciclo continuo che continuerà a vita, d’altronde, non si finisce mai di imparare, come disse Sir Arthur Conan Doyle, e di insegnare come dicono tutti i docenti seduti nelle comode poltrone imbottite del teatro.