Proseguono le iniziative promosse dal progetto Estate Romana al CineVillage Monteverde: proiettato ieri La quattordicesima domenica del tempo ordinario, il più recente lavoro di Pupi Avati.
Il regista bolognese ha salutato il pubblico prima della proiezione, per poi fermarsi sul palco quasi tre quarti d’ora al termine di essa, snocciolando aneddoti personali e lavorativi.
La pellicola, nelle sale dal 4 maggio, è fortemente autobiografica: “Ognuno dovrebbe poter raccontare la propria vita. Io ho potuto raccontare la mia, ed a 84 anni ho, per la prima volta, incontrato mio padre (morto quando Avati aveva 12 anni) all’interno di un mio film; è stato emozionante”.
Il film è nel suo clasico stile, tra ironia, malinconia e speranza. Lodo Guenzi e Camilla Ciraolo interpretano il regista e la moglie da giovani; Gabriele Lavia ed Edvige Fenech sono le loro versioni più in là con l’età.
“Sono ancora con mia moglie. Le ho fatto la corte per tre anni, ha ceduto non per amore ma per sfinimento. Era una delle più belle ragazze di Bologna. Nel Dopoguerra noi italiani eravamo brutti, non era facile trovare una ragazza bella come lei. Sono stato molto geloso nel corso della mia vita, come si vede nel film, anche se per fortuna senza arrivare alla mani, a differenza di Lodo Guenzi nel film.”
Una gelosia probabilmente eccessiva e morbosa, ma anche tradimenti, da cui però imparare: “Nella vita ho tradito e sono stato tradito, ma dopo episodi del genere riprendere la vita insieme ad una persona ti porta a cambiare ed a riflettere profondamente”.
Ha raccontato della chiamata con cui ha proposto il ruolo nel film a Edvige Fenech, alternando emotività e spunti comici: “Si è messa a piangere, era commossa. Ho imparato che queste telefonate sono tra le cose più belle del mio lavoro. dare è più bello che ricevere.”
Tra una chiacchiera e l’altra, poi, il ricordo della scelta di Katia Ricciarelli per La seconda notte di nozze. Fu scelta quasi casualmente per il film uscito nel 2005, e per le primissime scene la cantante lirica era in difficoltà. Poi, però, fu molto brava nell’ascoltare i consigli di Pupi Avati, tanto che dopo due giorni il regista non dovette più dirle nulla in cui modificare la propria recitazione.
Infine, un piccolo elogio alla vulnerabilità, una critica all’ostentazione: “Gli attori stanno perdendo la capacità di immedesimarsi. I più bravi, nelle scuole di recitazione dove insegno, sono quelli timidi, dubbiosi, vulnerabili. Loro riescono ad entrare bene nei personaggi dei miei copioni, non quelli che si mettono le medaglie al collo e si godono le loro presunte certezze.”