L’intrepido debutto alla regia di Paola Cortellesi in “C’è ancora domani” si presenta come un manifestare vibrante di emozioni potenti e audaci. Il film scaturisce sullo schermo con un umorismo infallibile, un’anima impregnata di gran senso civico e un atteggiamento anti-nostalgico quasi commovente. Tuttavia, ciò che risuona più forte è una rabbia tangibile, una protesta veemente contro i vecchi ordinamenti e il patriarcato.
Il calendario nel film fa più volte la sua comparsa, segnando l’incessante avanzare verso il 2 giugno 1946, il giorno del referendum che ha visto la fine della monarchia e la nascita della Repubblica Italiana. Questa data simbolica si trasforma nel demarcatore tra il vecchio e il nuovo mondo nel debutto alla regia di Cortellesi. Il film non si immerge nella nostalgia; piuttosto, sottolinea il passato come un’epoca di oppressione e dolore, un inferno che la società ha opportunamente lasciato alle spalle.
“C’è ancora domani” si distingue per la sua potente narrativa femminista. È una pellicola che palpita di indignazione, alimentata dalla forza incontenibile dei migliori film d’esordio. Cortellesi non è una novizia, ma il suo film esala la freschezza e la feroce determinazione di un giovane ribelle. Nonostante sia imbevuto di umorismo – un umorismo che fluisce naturalmente, emergendo senza sforzo apparente dalle interazioni e dai piccoli gesti – il film è permeato di una rabbia profonda.
Le risate nel film sono genuine, riflesso di un talento raro nel far emergere l’umorismo dalla vita quotidiana e dalle situazioni comuni. Le performance di Emanuela Fanelli e Valerio Mastandrea risuonano perfettamente in questa sinfonia di umorismo e rabbia, trovando un equilibrio confortevole e coinvolgente.
La pellicola è anche una dichiarazione fiera del senso civico. Come nei precedenti film che Cortellesi ha scritto e interpretato, “C’è ancora domani” mostra una dedizione incrollabile alla diffusione di idee e valori fondamentali. Nonostante la sua natura commedia, il film si inclina profondamente verso il drammatico, mantenendo una corrente persistente di protesta che pervade la narrazione.
Il finale, nonostante offra una risalita, non cancella il sentimento di risentimento che sottende tutto il film. Il film non solo mira a intrattenere ma si propone anche come un veicolo potente di protesta e riflessione sociale, stimolando il pubblico ad esaminare ed a riflettere sulle strutture patriarcali e oppressive del passato.
“C’è ancora domani” emerge, quindi, non solo come un esordio ma anche come un potente esemplare del cinema di protesta. La Cortellesi, attraverso il suo umorismo naturale e la rabbia intransigente, ha creato un’opera che non solo risuona con il pubblico ma solleva anche questioni critiche, provocando una riflessione seria sulle convenzioni sociali e il patriarcato. In questo viaggio cinematografico, il pubblico è invitato a rispecchiarsi, ridere, arrabbiarsi e, soprattutto, a riflettere sulle tracce persistenti del passato e sul cammino verso un futuro più equo e liberatorio e soprattutto nella riflessione odierna di quanto riportano purtroppo giornalmente le pagine di cronaca.