Un nuovo lavoro cinematografico che prende ispirazione dai giganti del cinema italiano e fa un passo avanti.
È il mondo osservato attraverso una lente azzurra, colorata di sfumature emozionali, di incertezze esistenziali e di complessità interpersonali: “Troppo azzurro”, il film d’esordio del regista Filippo Barbagallo, è un’opera che lascia il segno.
A metà tra la poetica naif di Carlo Verdone, Massimo Troisi e Nanni Moretti, Barbagallo offre una pellicola fresca e genuina, che riesce a catturare l’attenzione dello spettatore e a trascinarlo in un viaggio emozionale. Le protagoniste femminili, Alice Benvenuti e Martina Gatti, offrono una performance intensa che contribuisce all’equilibrio generale del film.
Nel film, Dario, interpretato da Filippo Barbagallo, rappresenta la quintessenza dell’uomo contemporaneo: incerto, pigro, in continua ricerca della libertà ma paralizzato dalla paura delle responsabilità. Questa tensione interna diventa la colonna portante della trama, una metafora potente dell’inerzia collettiva di una generazione.
La fotografia granulosa di Lorenzo Levrini contribuisce a dare al film un’aura nostalgica, evocando il cinema italiano degli anni ’80. A questo si aggiunge una sceneggiatura solida e ben costruita, anche se avremmo apprezzato una maggiore audacia nella scelta della colonna sonora.
Dario si trova di fronte a un bivio quando incontra Caterina, interpretata da Alice Benvenuti. Con lei, per la prima volta, sembra scorgere la possibilità di una vita “normale”, fatta di relazioni significative e di impegni reali. Ma il richiamo della comfort zone è troppo forte, e Dario finisce per seguire il percorso di minor resistenza, mettendo in discussione le proprie scelte solo quando è troppo tardi.
“Troppo azzurro” è un film che merita di essere visto, analizzato e discusso. È un’opera che rispecchia le inquietudini di una generazione, ma che al tempo stesso offre uno sguardo ottimista sulle possibilità di rinnovamento e di crescita personale. Barbagallo emerge come un regista di talento, capace di equilibrare profondità emotive e leggerezza narrativa in un mix che diverte e fa riflettere. Senza dubbio, un film che lascia il segno, confermando che il cinema italiano ha ancora molto da dire.