Un altro bioptic presentato alla festa del Cinema di Roma. Dopo Berlinguer, e siamo ben distanti dal film di apertura della festa, una biografia ad uso e consumo del piccolo schermo.
La storia della televisione italiana non sarebbe completa senza menzionare uno dei suoi pilastri: Mike Bongiorno. Icona insostituibile, con la sua voce inconfondibile e il suo “Allegria!” che ha risuonato nelle case di milioni di italiani, Bongiorno ha segnato un’epoca. Ma dietro il volto del celebre presentatore si cela una storia di sfide, sacrifici e una doppia identità culturale, divisa tra gli Stati Uniti e l’Italia. A svelare questi retroscena è la miniserie Mike, realizzata dalla Rai, che esplora le radici e le complessità di un personaggio tanto amato quanto riservato.
La miniserie Mike, composta da due episodi, è stata presentata in anteprima alla Festa del Cinema di Roma 2024, per poi approdare in prima serata su Rai1 il 21 ottobre. Commissionata in occasione di un duplice anniversario – il centenario della radio e i 70 anni della televisione italiana, entrambi coincidenti con la nascita di Bongiorno – la fiction vuole essere un omaggio a un uomo che ha scritto la storia dei media nel nostro Paese.
La narrazione è costruita intorno a un’intervista immaginaria a cuore aperto, durante la quale il Mike Bongiorno di mezza età (interpretato da Claudio Gioè) rivela episodi mai svelati prima, ripercorrendo i momenti più significativi della sua vita privata e professionale. È soprattutto il giovane Mike (Elia Nuzzolo) a dominare la scena nel primo episodio, offrendo un’immersione negli anni difficili della sua infanzia e adolescenza, tra New York e Milano, sullo sfondo della Seconda Guerra Mondiale.
La miniserie mette in luce un aspetto meno conosciuto della vita di Bongiorno: le sue origini italo-americane. Nato a New York nel 1924 da padre italiano e madre statunitense, Bongiorno visse una gioventù segnata dalla necessità di adattarsi a due culture molto diverse. La storia familiare si intreccia con i grandi eventi della Storia con la “S” maiuscola: la guerra, il nazifascismo, la fuga e infine la ricostruzione.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, Mike fu catturato dai nazisti e rischiò la deportazione, un episodio che rappresentò un momento di svolta nella sua vita.
La sfida di interpretare un’icona come Mike Bongiorno è stata raccolta da due attori: Claudio Gioè, nei panni di Mike adulto, e il giovane Elia Nuzzolo, che ha avuto il compito di dar vita all’adolescente Bongiorno. Gioè è riuscito a cogliere le movenze, la parlata e le espressioni del Mike che tutti ricordano, offrendo un’interpretazione autentica e rispettosa. Tuttavia, è Nuzzolo a essere al centro della narrazione nel primo episodio, rappresentando un giovane Mike che si fa strada tra difficoltà e sfide personali che ovviamente non sveleremo in anteprima.
Nuzzolo, che ha già interpretato personaggi celebri come Max Pezzali, riesce a rendere credibile l’innocenza e la determinazione del giovane Bongiorno, anche se in alcune scene appare ancora un po’ acerbo. Convince invece la performance di Valentina Romani, che interpreta Daniela Zuccoli, la seconda moglie di Mike, con un’eleganza che riflette perfettamente il carattere discreto del personaggio.
La miniserie Mike non è solo un racconto biografico, ma anche un viaggio attraverso il tempo che mette in luce i cambiamenti della società italiana e il ruolo fondamentale che la televisione ha avuto nella sua evoluzione. La regia di Giuseppe Bonito riesce a far emergere le contraddizioni e le complessità della vita di Bongiorno, alternando momenti di tenerezza a situazioni più drammatiche.
Adattata dall’autobiografia La versione di Mike, scritta da Bongiorno insieme al figlio Nicolò, la sceneggiatura di Salvatore De Mola ha saputo mantenere intatta la veridicità dei racconti, arricchendoli con dettagli che permettono allo spettatore di scoprire lati meno noti del presentatore. La ricostruzione storica delle ambientazioni, soprattutto di New York, è precisa e ben curata, anche se a tratti risulta leggermente posticcia, evidenziando come la miniserie abbia dovuto trovare un equilibrio tra realismo e ricostruzione cinematografica.
Uno degli aspetti più affascinanti di Mike è la sua capacità di rappresentare il dualismo identitario che ha caratterizzato tutta la vita di Bongiorno. Da un lato, l’attaccamento all’Italia e la sua italianità che traspariva in ogni programma televisivo; dall’altro, le radici americane che non ha mai dimenticato. Questa doppia identità gli permise di essere una figura di collegamento tra due mondi, portando un tocco di modernità e freschezza alla televisione italiana, una dicotomia attraverso il personaggio di François (un alter ego narrativo presente nella fiction), che funge da narratore e specchio delle difficoltà che Mike dovette affrontare nel bilanciarsi tra due culture.