I King Crimson tornano in Italia all’interno del loro Uncertain Times Tour e lo fanno all’Auditorium Parco della Musica di Roma, dopo la tappa di Pompei. La band nata alla fine degli anni 60, si presentano sul palco della Cavea capitanati da Robert Fripp che comprende attualmente i batteristi Pat Mastelotto, Gavin Harrison e Jeremy Stacey, il tastierista Bill Reflin, il chitarrista Jakko Jakszyk, il bassista Tony Levin e Mel Collins ai fiati.
Il concerto durato due ore e venti sensibilmente meno rispetto alla tappa campana è stato comunque tirato, divertente, drammatico ma al tempoi stesso dolce, dissonante, intenso, e soprattutto, a detta del pubblico presente, vero.
Pubblico rispettoso delle regole, in cui i cellulari per foto e video sono apparsi solo alla fine del concerto ed entusiasta dello spettacolo nella Cabea dell’auditorium,
Tre batterie con Jeremy Stacey, Gavin Harrison e Pat Mastelotto, tre linee percussive differenti che si intracciano in un connubio perfetto di ritmo assieme al Basso di Tony Levin intrecciato nelle linee melodiche della band. Una sezione ritmica perfetta affiatatissima con il resto della band, determinante quando deve affiancare Rieflin alle tastiere e poi ha uno swing davvero delizioso, uno stile elegante e potente.
3 batteristi ognuno con le sue particolarità. Jeremy Stacey aveva gia stregato due anni fa, sempre nelle date romane, in grandissima forma che nel brano Sailor’s Tale, fece faville già in precedenza.
Tre batterie non sostituiscono un batterista; sono un’altra cosa, sono una scelta strutturale e di fondo, che non si può paragonare a nient’altro. Non è un caso che le batterie siano posizionate sul palco davanti a tutti i musicisti: sta a Stacey, Harrison e Mastellotto rileggere, filtrare, indicare la via per un repertorio che ha preso nuova vita e nuovo senso.
Il momento piu’ alto e toccante del concerto è stata la magia del Bolero : se Steven Wilson con il suo lavoro ne aveva scoperto la Musica nella musica, ora il gruppo si è spinto oltre e la versione della serata è stata di una bellezza indescrivibile: la melodia (a “being melody”…) suonata da Robert sostituendosi a quell’oboe che ci aveva fatto emozionare per quarant’anni e’ stata un momento di bellezza cosi’ pura e senza tempo che solo chi era presente ha potuto apprezzare soprattutto per quanto riguarda i brani presentati nella serata che in precedenza non erano mai stati eseguiti live.