Ernesto “BAX” Bassignano ed il suo ricordo per il giorno della Liberazione
Da anni mi ritrovo con il mio circolo PD a Forte Bravetta davanti alla lapide dei martiri. Ma da mezzo secolo, un poco nella mia Cuneo, un altro po’ a Roma, faccio la mia parte per celebrare questa data e il sacrificio di tanti eroi. Eroi della montagna ma anche ragazzi e donne di città e di campagne. Le campagne che nel 44 e 45 si popolarono di resistenti ad ogni livello. Come mia madre Teresa, che con mia zia Costanza giravano nei viottoli dei dintorni di Cuneo, a bordo delle loro bici, con verdura e frutta e pane nel portapacchi e lettere dei partigiani nascoste sul corpo.
Rischiarono molte volte la vita anche loro, così come i contadini di mia nonna, come tanti parenti. Amici e parenti che vollero seguire le orme dell’ avv liberale Duccio Galimberti (compagno di tennis di mio babbo Umberto), o di Dante Livio Bianco, o di quel grande Nuto Revelli che tornò vivo dal giaccio della Russia per riprendere il mitra e salire sui monti. A Roma in questi anni ho celebrato da giornalista il 25 spesso alla radio Rai, quando ancora la Rai negli 80 dedicava mezza giornata a leggere le lettere dei condannati a morte e a mandare in onda straordinarie testimonianze sonore e belle musiche di sconosciuti contadini o grandi poeti del dopoguerra.
Oggi leggo che famosi sociologhi affermano: “i giovani d’oggi non ne vogliono sapere più nulla”… Può essere. E’ triste, anzi drammatico. Ma non me la sento qui di analizzare le colpe di un tale assurdo ignorante e vile comportamento. Troppi errori commessi. Spesso troppa retorica ed enfasi. Troppe lezioni di grandi vecchi orgogliosi di un passato che, insieme ad uno Stato senza voglie e memoria, non ha potuto giungere sin qui con la giusta rilevanza politica e morale.
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