#Cronaca

Il 2 giugno 1981 moriva a Roma, in un incidente stradale, il cantautore RINO GAETANO

Il 2 giugno 1981 moriva a Roma, a soli trent’anni, Rino Gaetano

È un incidente stradale, a poche centinaia di metri da casa, a interrompere la giovane vita di uno dei più amati cantautori degli anni ’70 e di oggi. Un ragazzo arrivato giovanissimo a Roma dalla Calabria insieme alla sua famiglia che, dopo diverse sistemazioni, si stabilizza nell’abitazione seminterrata di Via Nomentana 53, a un passo da Piazza Sempione nel quartiere Montesacro di Roma.

I più superficiali lo ricorderanno per il suo cilindro, un accappatoio o un paio di scarpe da ginnastica Mecap; i più scanzonati per quell’apparizione piena di contrasto al Festival di Sanremo con la hit Gianna; altri per la sua innegabile lungimiranza nel saper osservare – e tradurre in canzoni – quelle ‘situazioni’ che nel Paese non sarebbero cambiate, né a breve, né a lungo termine.

Quella che oggi è diventata ‘moda da karaoke’, un tempo era voglia di comunicare, in maniera personale e indirettamente diretta, verso una società di “indovini e falsi dèi”, dove la borghesia autonoma dettava parafrasi apparentemente culturali e teatrali. Rino Gaetano li ha “canzonati” tutti, con armonia e determinazione. La voglia di comunicare e schivare i dettami logici della critica della classe in voga, il lusso di fregarsene delle pieghe che si trovano tra le certezze di circoli invadenti ed evidentemente incoscienti, ecco, Gaetano, o meglio Rino, ha invitato tutti nel suo “circo”, rendendo ogni singola anima partecipe del suo spettacolo, senza dimostrarlo, senza dichiararlo e senza profetizzare su un lavoro bagnato di ironia e contropelo. Dostoevskij e il nonsense, Majakovskij e quella parola sempre innovativa, così palesemente anarchica e tagliente, le sue forme astratte e senza regole costituzionali, hanno fatto di lui il segno evidente di un mercato al contrario: soffrire vivendo.

Maurizio Montanesi (ingegnere e creatore del suono degli album di Rino Gaetano e storico fonico RCA) – Archivio foto Patrizio MariaGli amici e collaboratori di sempre, come lo storico fonico di tutti i grandi nomi della RCA, Maurizio Montanesi (scomparso nel 2013), come Enrico Gregori (venuto a mancare lo scorso 3 ottobre), Pierluigi Germini, Arturo Stàlteri, Bruno Franceschelli (anch’egli recentemente scomparso), hanno formato, nel tempo vissuto assieme, un team brioso di ‘amicizia culturale da bar’, dove tra carte e brandy, volavano idee per suoni e parole. Enrico Gregori (giornalista e amico di Rino Gaetano) – Foto di Debora TofanacchioGli anni ‘70 delle rivoluzioni studentesche e delle anarchie popolari, lo swing a bobina di Fred Buscaglione, gli idoli italiani di sempre Ivan Graziani e Francesco Guccini, le radio libere e i manifesti delle proteste di classe, le parole agganciate ai cuori più sparsi e gloriosi, l’amore che scappa e poi torna bugiardo e codardo, il vento che brucia ricordi e tramontane di neve, rappresaglie culturali e filosofiche che per Gaetano hanno rappresentato – nel suo miscuglio di esagerazione gentile – tutto e niente, come amava sempre fare tra le gabbie della società, deridendo, senza mai appoggiare uno schieramento politico rispetto al suo saper amare, che dimostrava, a differenza di altri, con le parole delle sue ‘filastrocche sbandate’.

Resta vile maschio dove vai (album Rino Gaetano 1979)Oggi, ascoltando i suoi dischi, mordiamo lacrime e pensiamo a un “operaio della canzone” che ha difeso gli altri, con il pessimo esercizio di proteggere poco se stesso dal vortice di un mercato non voluto.

Rino Gaetano è stata l’altra faccia della medaglia, un paio di occhiali tra tanti occhi chiusi, un materasso sul picco della montagna.
Berta Filava, Sei ottavi, Ma il cielo è sempre più blu, Nuntereggae più, Sfiorivano le viole, Metà Africa Metà Europa, Mio fratello è figlio unico, insomma, tra tutti questi “Sogni di Anarchia” e vita mangiata, oggi, nel suo anniversario, lascerei che fosse solamente lui a cantare il suo silenzio, naturalmente… Escluso il cane… perché per Rino le canzoni non hanno mai avuto un contratto con il tempo.

Quando il cielo era sempre più blu (Enrico Gregori) 

E io ci sto ancora (Enrico Gregori)