Ad Atreju18, Steve Bannon promette la propria disponibilità ad “aiutare” – quei partiti che aderiranno a The Movement – a vincere le prossime elezioni europee. L’On. Giorgia Meloni annuncia l’adesione di Fratelli d’Italia.
«La crisi finanziaria del 2008 è stata avviata dal partito di Davos». Questa una delle prime dichiarazioni forti di Bannon – ex consigliere di Donald Trump durante la campagna elettorale verso la Casa Bianca –, invitato da Giorgia Meloni a parlare ad Atreju18 (la festa dei giovani di Fratelli d’Italia), lo scorso sabato 22 settembre, a Roma, nella suggestiva cornice dell’Isola Tiberina.
Davos, ricordiamo, è una piccola località sciistica sulle Alpi svizzere che, ogni anno, a gennaio, ospita un “incontro” di carattere mondiale – il World Economic Forum – tra politici, economisti, organizzazioni non-governative, intellettuali e giornalisti di tutto il mondo, riuniti per parlare di temi quali salute, ambiente, fame nel mondo, guerra e pace. Un’assemblea di globalisti, liberali: l’opposto – se così si può dire – dei sovranisti, populisti di Bannon.
«La crisi finanziaria», prosegue Bannon, «è stata causata dall’avidità e dall’incompetenza delle élite ingegneristiche, finanziarie, scientifiche, manageriali, culturali… e», continua, «nessuno è stato giudicato responsabile se l’economia italiana non si è mai ripresa». Una crisi che, secondo Mr. Bannon, avrebbe generato, nei più giovani, maggior accortezza nel mettere su famiglia e molta più insicurezza.
THE MOVEMENT
«Ora l’Italia è il centro dell’Universo della Politica», ha aggiunto nel terminare il discorso sulle responsabilità della crisi dell’ultimodecennio. Questa “centralità” potrebbe far sembrare, erroneamente, che l’Italia intera sia pronta ad entrare nel partito-contenitore The Movement, quando i partiti che aderiranno sono, ad oggi, soltanto Fratelli d’Italia (Giorgia Meloni) e Lega (Matteo Salvini).
Il progetto, tuttavia, è meno recente di quanto non sembri: nasce in Belgio quando Bannon è ancora il capo-stratega del neoeletto Presidente Trump, tra la fine del 2016 e il gennaio del 2017 – data della firma – e viene fondato per unire, sotto un’unica guida, i partiti cosiddetti “sovranisti” d’Europa, a una manciata di mesi dalle prossime elezioni europee.
L’ODIO RAZZIALE
Secondo Bannon, in Italia, come negli Stati Uniti, si guarderebbe, prima e di più, ai crimini di odio razziale di Salvini, Meloni e di «tutti quelli che cercano di mantenere l’ordine», quando invece sarebbero le prime vittime dei Media che li avrebbero tacciati di molti crimini contro l’umanità, come la xenofobia, l’omofobia e il nativismo, tralasciando – si fa per dire – crimini come “l’odio finanziario” delle élite, causa principale, secondo lo stratega, di questa crisi economica.
E, ancora, Mr. Bannon rivendica il diritto alla sovranità, alla cittadinanza e al non essere definiti razzisti, xenofobi e nativisti se decisi a “difendere” le radici giudeo-cristiane dell’Europa e della cultura classica di questo continente.
LE ORIGINI DI BANNON
Ancora in piedi sul palco, Steve Bannon racconta di suo padre e dei suoi avi; ne parla come di lavoratori infaticabili e onesti.
Dice di sé di essere un uomo semplice e di umili origini.
È anche per questo che avrebbe deciso di dedicare la sua vita al Movimento Populista americano, rilanciando The Movement, un’associazione libera di partiti che la pensano allo stesso modo e che, uniti, potranno dare e ottenere di più.
L’OFFERTA DI BANNON
È con totale disinvoltura che, sul palco di Atreju18, Steve Bannon accenna ad offrire un ‘lavoro tecnico’ se gli europei – italiani inclusi – si lasceranno “aiutare” per le elezioni eu del 2019.
Aggiunge che potrà fornire analisi su votazioni e dati, ma non dirà certo agli europei, o agli italiani, cosa fare, poiché «gli europei e gli italiani sanno cosa devono fare: hanno un programma. Ed è per questo che la gente a Bruxelles è così preoccupata» – conclude.
LA CULTURA CLASSICA E I FRATELLI GRACCHI COME ESEMPIO
«La gente mi chiede perché sia un populista», dice sul finire del suo intervento. «Sono un Populista perché arrivo dalla classe dei lavoratori!». Durante gli studi classici, Bannon, pare essersi innamorato non di Cesare – come sottolinea – ma dei due fratelli Gracchi, che definisce emblematici, simbolici, esempi da seguire per il coraggio di cui tutti abbiamo bisogno in questo preciso momento storico. Essi hanno combattuto le istituzioni con eroismo fino alla fine, preparando il “terreno” a chi sarebbe venuto dopo di loro.
L’INTERVISTA DI ALESSANDRO GIULI
L’invito a Bannon è stato duplice, nella sede di Atreju: lo stratega ha, infatti, prima tenuto il suo discorso alle centinaia di giornalisti accorsi da tutto il mondo e al pubblico presente nella sala Carlo Magno – discorso qui sopra riportato nei punti di maggior incidenza – e poi è stato egregiamente intervistato da Alessandro Giuli, giornalista e scrittore che ha esordito il dibattito ricordando che quella platea, lì di fronte, era costituita per lo più da patrioti, «gli stessi che, per anni, hanno sviluppato una sana diffidenza verso gli Stati Uniti e l’intellighenzia liberal». Prosegue Giuli: «Abbiamo dei fortissimi anticorpi rispetto a ciò che è arrivato dagli Stati Uniti negli ultimi decenni» e chiede quindi allo stratega «perché oggi, lei, ci suggerisce di fidarci di Trump? E in che misura gli interessi di Donald Trump e della sua America corrispondono e sono compatibili con i nostri?».
La risposta di Bannon: «[…] Donald Trump è riuscito a vincere perché ha messo al primo posto l’America […] esattamente quello che fa Fratelli d’Italia: al primo posto l’Italia. […].
Quando c’è una forte valenza nazionale, quando sono forti i valori della cittadinanza, ecco che si rafforza, tutto intorno a una nazione, un insieme di forze e di Paesi che possono, quindi, creare un sostegno».
Continua Bannon: «E i Media hanno dato un’immagine assolutamente falsa di quella che è la posizione di Donald Trump sul tema N.A.T.O ed Europa. L’America dev’essere al primo posto per quanto riguarda la sicurezza nazionale; questo per rispettare anche la nostra tradizione, di un Paese cha ha combattuto una rivoluzione per staccarsi da un Impero. Noi non abbiamo nessun interesse in un protettorato, come invece Davos; […] Trump, l’America e tutto il movimento America First, che mette al primo posto l’America, vuole esattamente quello che volete voi: un’Alleanza che vi possa tutelare, che vi possa far sentire al sicuro, per permettervi di costruire il vostro futuro e avere una famiglia».
LA SOVRANITÀ
«I cittadini devono riprendersi la loro sovranità!», così Bannon si avvia verso la conclusione dell’intervista di Alessandro Giuli.
«Qui non si fa che ricordare le radici giudeo-cristiane dell’Occidente, da Atene, a Gerusalemme, a Roma; tutto quanto basato sui cittadini. Sui cittadini che devono riprendersi la loro sovranità […]».
Bannon continua, rigorosamente in opposizione a Davos, dicendo che, grazie alle élite, passate e presenti, nelle nostre civiltà abbiamo assistito alla “devastazione”, alla “distruzione”, ad esempio del Medioriente, a cui gli Stati Uniti, da soli, hanno destinato 7 mila miliardi di dollari, dove i morti e i feriti sono stati decine di migliaia. E proprio a Davos attribuisce la responsabilità della “creazione” di una specie di zombie: la Cina, «questa nazione totalitaria, mercantilista che non fa che ripetere, ‘pari pari’ quello che è stato fatto dalla Compagnia delle Indie, nell’Africa subsahariana, perché sappiamo benissimo che è da lì che proviene la maggior parte dei migranti, che sono il risultato delle azioni predatorie, dal punto di vista economico, di una Cina totalitaria».
E conclude: «Adesso sta a voi, sta sulle vostre spalle, riuscire a contrastare questa concentrazione di potere e di denaro. È ora che, veramente, il potere passi a voi!».
«Se a me dovessero chiedere “preferisci che a governarti sia l’élite di Davos o Fratelli d’Italia?”, beh, non ho dubbi circa quale sarebbe la risposta, per l’onestà, per il coraggio e per il buonsenso di cui dà prova questo partito!», conclude Bannon, tra gli applausi del pubblico presente.
Riprende Giuli: «Siamo arrivati a un punto importante. La contrapposizione tra élite e popolo funziona benissimo. Ma funziona soprattutto quando il popolo si oppone a delle élite che governano, a delle oligarchie, come quella che oggi tiene in pugno, ancora per poco, si spera, l’Europa. Ma quando il popolo si scuote, e noi siamo gli eredi di Cicerone, sappiamo che la Res Pubblica è Res Populi, la Cosa Pubblica è Cosa del Popolo, quando il popolo reagisce e dà un’investitura così forte ai partiti sovranisti, i partiti sovranisti “devono” creare un’élite, dovranno creare una “nuova élite”. […] Giorgia Meloni è stata un Ministro della Repubblica, tornerà al Governo e dovrà mettere le basi per una nuova élite, popolare, populista, contrapposta a quelle liberal e internazionaliste. Spesso questo discorso risulta ostile anche ai populisti, che dicono “No!”. Lo schema è sempre “élite contro popolo”. Io non credo che sia così».
Risponde Bannon: «Noi siamo veramente molto privilegiati ad avere figure come Trump, Farage, Giorgia Meloni, Salvini, Marion Maréchal, Le Pen e potrei continuare questa lista. […] Non c’entra l’onore, non c’entra la gloria; è un discorso che invece ha come obiettivo trovare un meccanismo di decisioni basate su una forza collettiva […] perché è solo così, con questa forza collettiva, che si può veramente pronunciare un qualche cosa che sia a favore del popolo e basato sul buon senso». E prosegue: «prendiamo il caso di Trump: ogni giorno viene “aggredito”, viene attaccato… è un uomo che vale 7 miliardi di dollari, ha una bellissima moglie, una splendida famiglia, jet, case meravigliose, è proprietario di alcuni dei più bei campi da golf al mondo, ha settant’anni… ma pensate veramente che avesse bisogno di presentarsi alle elezioni e diventare Presidente, per vivere una vita felice? No! Lo ha fatto perché, esattamente come Fratelli d’Italia è un Patriota! E quindi la nuova élite sapete quale sarà? Questo movimento che nasce dal basso, che si auto-organizza: i Patrioti! Saranno loro la nuova élite!».
TRUMP E PUTIN
Giuli si avvia alle conclusioni.
«Abbiamo parlato del patriota Trump. C’è un altro patriota», secondo il giornalista, «che si chiama Vladimir Putin e sta a Mosca […]».
(La platea applaude).
Prosegue Giuli: «Io non credo al partito di Davos quando dice “Guardate che questa Europa ci ha assicurato oltre mezzo secolo di pace: se torniamo ai sovranismi avremo la guerra”. No! Il mezzo secolo di pace, abbondante, c’è stato perché c’era la guerra fredda: è la guerra fredda che ha assicurato la “pace”, ovvero delle testate atomiche puntate su tutto il mondo dall’Occidente americano e dall’Unione Sovietica. Ora è cambiato tutto: dall’altra parte abbiamo un signore, che si chiama Putin, che guarda con favore alla rinascita dei sovranismi europei e che ha un rapporto ambivalente con Donald Trump».
Dopo questa ricca premessa, Giuli chiede il parere di Bannon: «Mi interessa l’opinione di Steve Bannon proprio perché noi siamo esattamente al centro del mondo, noi europei, tra un signore che ci mostra interesse e benevolenza, Trump, e un altro signore che ci mostra simmetrica benevolenza e al quale vorremmo perfino togliere delle sanzioni. Facciamo bene?».
Bannon risponde: «Dobbiamo ricordare che quando si parla di guerra fredda non si tratta soltanto delle testate nucleari… Io ho trascorso otto anni come Ufficiale della Marina statunitense e, di questi, ho trascorso quattro anni in mare, a bordo di mezzi navali che avevano come compito quello di cacciare, distruggere, dei sottomarini nucleari sovietici. Ho servito nel Golfo Persico, nell’Oceano Indiano, nel Pacifico occidentale; successivamente ho trascorso sette anni come giovane ufficiale presso l’Unità dell’Organizzazione delle Forze Navali. Mi ricordo il primo giorno in cui s’insediò il Presidente Regan, perché ero in carica in quel momento e sappiamo bene che il “piano” era quello di ‘distruggere l’Unione Sovietica’ nel giro di otto anni. E non dobbiamo dimenticare le figure della Thatcher, di Giovanni Paolo II e di Regan, in tal senso. Ora non c’è bisogno di sentirsi la “predica” che viene fatta dai pensatori liberal, a Washington, sui pericoli che possono nascere da un qualche piano che avrebbe ordito l’Unione Sovietica nei confronti dell’Occidente. Sappiamo bene quelle che sono state le parole pronunciate ad agosto dal Presidente Trump quando si è recato a Varsavia; parole pronunciate in prossimità del ghetto ebreo. Ha detto che la responsabilità di lui come leader, e di qualunque leader, è quella di aiutare a difendere la civiltà occidentale». […].
«E veramente sono orgoglio di Donald Trump, perché è un uomo che, assolutamente, vuole tutt’altro che scatenare una guerra. Lui non ha il dito sul grilletto, anzi, è contrario a tutti quei sistemi di regole internazionali, post-belliche, a questo sistema che è stato creato per imbrogliare la gente, […] quindi dobbiamo guardare a questa possibilità di un processo di alleanza, di partecipazione. E concludo dicendo che, personalmente, sono veramente orgoglioso di quello che ha fatto mia figlia; mia figlia era una bravissima studentessa, avrebbe potuto studiare in qualunque delle migliori Università e invece ha deciso di presentarsi volontaria nell’Accademia Militare di West Point […] per andare in Iraq. Una guerra contro la quale eravamo noi, contro la quale era la sua famiglia, ma c’è andata perché è una Patriota. E questo è esattamente quello che è Trump: un uomo di pace, un uomo che viene criticato, che viene aggredito dall’Occidente radicale, dal partito di Davos e dai Media che sono “al servizio” del Sistema, mentre invece il nostro sogno è quello di una pace con la Russia che permetta, quindi, di mettere alle nostre spalle ogni forma di ostilità, ogni forma di perdita di vite umane e ogni forma di guerra nucleare, perché quello che conta, appunto, è che, altrimenti, ci andranno di mezzo i nostri figli, le nostre figlie…».
Il giornalista Alessandro Giuli chiude in modo ‘circolare’ l’intervista all’ex stratega del Presidente degli Stati Uniti.
«Lo speech di Bannon è finito con la citazione dei Gracchi. I fratelli Gracchi sono morti per dare terra e cittadinanza ai loro Fratelli d’Italia. […] Oggi, il partito di Giorgia Meloni raccoglie l’eredità ideale di quel movimento; si presenterà alle prossime elezioni europee con le idee chiare. Che cosa avverrà? Come andrà? Che risultato si aspetta Steve Bannon?».
Risponde Bannon: «Credo, e lo credo fermamente, che se si impegnano, così come hanno fatto anche in passato, insieme, Fratelli d’Italia e la Lega riusciranno veramente a prevalere con la loro onestà di fondo, con il loro coraggio, con il loro buonsenso. E quindi sono fiducioso che riusciranno ad avere ottimi risultati elettorali nella primavera prossima e questo permetterà anche di mandare a Bruxelles un messaggio molto, molto, chiaro. Fratelli d’Italia e partiti come la Lega si pronunciano a favore della sovranità dell’Italia, Italia alla quale nessuno deve dettare cosa fare!»
L’ANNUNCIO DI GIORGIA MELONI
Al termine, l’annuncio di Giorgia Meloni circa la prossima “annessione” di Fratelli d’Italia a The Movement, con stretta di mano e abbracci di rito.
L’intento, da ambo le parti, sembra non celare dubbi o incertezze e ha tutta l’aria di essere quello di sovvertire l’UE alle prossime elezioni.