Non ce l’ha fatta Grant Paterson, il turista scozzese di 54 anni rimasto gravemente ferito nell’esplosione avvenuta il 23 marzo scorso in una palazzina di via Vitellia, nel quartiere Monteverde a Roma. Paterson era arrivato nella Capitale solo pochi giorni prima della tragedia e alloggiava in un bed & breakfast al civico 43, quando un’esplosione — probabilmente causata da una fuga di gas — ha devastato l’edificio, lasciando ferito in maniera gravissima l’uomo, poi estratto vivo dalle macerie da vigili del fuoco e carabinieri.
Trasportato d’urgenza presso il reparto Grandi Ustionati dell’ospedale Sant’Eugenio, struttura d’eccellenza della ASL Roma 2, Paterson ha lottato tra la vita e la morte per oltre una settimana. Il quadro clinico è però precipitato nella serata di ieri, quando l’uomo ha sviluppato un’infezione da shock settico, colpito da una polmonite bilaterale e avuto conseguenti crisi respiratorie. I medici, dopo averlo reintubato in extremis, hanno tentato il tutto per tutto per stabilizzarlo, tentando una terapia simile alla dialici per cercare di eliminare quell’infezione ormai presente nel sangue, ma questa mattina alle 9 il suo cuore ha smesso di battere.
Il personale medico e infermieristico del Sant’Eugenio, diretto nel reparto Grandi Ustionati dal dottor Giuseppe Spaltro, ha seguito il paziente con la massima attenzione e dedizione sin dal primo istante. Fonti interne riferiscono di un impegno instancabile da parte dell’equipe sanitaria, che ha affrontato un caso clinico estremamente complesso, aggravato dalla gravità delle ustioni riportate e dalle complicazioni sopraggiunte nei giorni successivi al ricovero. Sono state tentate ben 4 operazioni nei primi cinque giorni di ricovero, la prima per la rimozione dei detriti profondi, fino all’ultima di trapianto di pelle autologa da donatore per tentare di diminuire la superficie corporea a rischio infezione per l’assenza di derma.
“In situazioni così drammatiche non esistono miracoli, ma solo la medicina, la competenza e l’umanità di chi cerca ogni strada possibile per salvare una vita”, spiegano dalla ASL Roma 2. “Abbiamo fatto tutto ciò che era nelle nostre possibilità, ma purtroppo il danno iniziale era troppo esteso e le complicazioni hanno avuto la meglio”.
Grant Paterson era arrivato a Roma con l’entusiasmo di chi si gode una meritata vacanza. Sui social aveva scritto messaggi pieni di stupore e gioia: “È fantastico e le foto non rendono giustizia. Dato che sono solo, mi siedo ogni giorno in un posto diverso”. Poi, un’ironia amara che oggi pesa come un macigno: “Questa dovrebbe essere una buona settimana, se non vengo ucciso in qualche modo assurdo”. Quattro giorni dopo, quella frase è diventata un tragico presagio.
Intanto, la Procura di Roma ha aperto un fascicolo per disastro colposo e omicidio colposo, affidando le indagini al procuratore aggiunto Giovanni Conzo. La ASL Roma 2 ha reso immediatamente il corpo a disposizione della medicina legale e sarà disposta un’autopsia sul corpo dell’uomo per chiarire le cause del decesso e verificare eventuali responsabilità. I carabinieri, insieme ai vigili del fuoco, proseguono le ricerche tra le macerie alla ricerca di un possibile innesco o di bombole del gas che potrebbero aver provocato l’esplosione. L’area resta sotto sequestro e un ingegnere incaricato dalla Procura sta eseguendo accertamenti tecnici.
La morte di Grant Paterson lascia un senso profondo di amarezza e ingiustizia. Una vita spezzata da un evento tanto imprevedibile quanto violento, che trasforma un soggiorno da sogno in un incubo irreversibile. Ma accanto al dolore resta doveroso un riconoscimento: quello al personale dell’ospedale Sant’Eugenio, che ha lottato con ogni mezzo, senza mai arrendersi, cercando fino all’ultimo di strappare Paterson alla morte, gratitudine espressa alla ASL persino dai colleghi di lavoro della vittima.
In un tempo in cui è facile criticare e altrettanto difficile riconoscere i meriti, questo è un esempio concreto di sanità che funziona, che si spende per l’altro, anche quando tutto sembra perduto. E oggi, davanti a questa perdita, resta almeno la consapevolezza che Grant Paterson non è stato mai lasciato solo.