Nel cuore della periferia est di Roma, tra il Pigneto, Tor Pignattara e Centocelle, batte da oltre un decennio un museo che non ha pareti né vetrine, ma che vive nelle strade, nelle case, nei racconti e nei gesti quotidiani di una comunità complessa e stratificata. Si chiama Ecomuseo Casilino, ed è oggi uno dei pochi esempi italiani di museo diffuso e partecipato, nato nel 2012 con una visione pionieristica: valorizzare le culture e le memorie del territorio attraverso un approccio condiviso, inclusivo e dal basso. Dal 2025, questa esperienza unica è stata riconosciuta a livello internazionale con l’accreditamento all’UNESCO come ONG per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, un traguardo che segna un salto di scala per un progetto che è sempre stato, prima di tutto, un laboratorio di comunità.
In un tempo in cui la globalizzazione tende ad appiattire le differenze e a cancellare le identità locali, l’Ecomuseo Casilino lavora per proteggere e tramandare ciò che rischia di sparire: le tradizioni orali, i riti collettivi, i saperi popolari, l’artigianato di quartiere, le forme del sacro che abitano il quotidiano. È un patrimonio invisibile ma vivo, che si trasmette non nei libri, ma nelle relazioni, nei racconti, nei gesti. E proprio nel V Municipio di Roma questo patrimonio trova oggi una casa istituzionale, con l’istituzione del primo organo consultivo italiano per la tutela del patrimonio immateriale, promosso grazie all’impulso dell’Ecomuseo stesso: un modello innovativo e replicabile, uno dei pochi in Europa.
Quello che l’Ecomuseo ha saputo costruire è un intreccio inedito tra memoria collettiva, cittadinanza culturale e rigenerazione urbana, in un’area vastissima che abbraccia oltre 1.000 ettari, da Porta Maggiore a via Tor de’ Schiavi, dal Parco Archeologico di Centocelle a Villa Gordiani. Questo territorio, abitato da una straordinaria pluralità di comunità, si è trasformato in un vero e proprio spazio di ricerca partecipata e narrazione condivisa, dove la storia si intreccia al presente e la cultura diventa strumento di coesione sociale.
Il riconoscimento UNESCO sancisce un percorso costruito con rigore e passione, giorno dopo giorno, grazie a una rete di 37 associazioni che compongono la comunità patrimoniale dell’Ecomuseo, riconosciuta dalla Convenzione di Faro e accreditata alla Organizzazione Museale Regionale del Lazio. Le attività sono trasversali e integrate: dalla raccolta delle memorie orali al coinvolgimento delle scuole, dalla documentazione delle feste religiose alle mappe emotive del paesaggio urbano, ogni azione genera archivi condivisi, consapevolezza, responsabilità diffusa.
Non si tratta di conservare per conservare, ma di mettere in gioco la cultura come strumento di trasformazione concreta. L’Ecomuseo è un presidio culturale che custodisce la diversità come ricchezza, che abita le contraddizioni della periferia senza cercare scorciatoie estetizzanti, ma scegliendo di restare nel territorio, di ascoltarlo, di rappresentarlo. È in questo contesto, tra archeologie antiche e memorie migranti, che nasce una nuova idea di museo: non un luogo da visitare, ma un’esperienza da vivere insieme.
L’Ecomuseo Casilino si apre dunque al mondo, diventando voce autorevole nella definizione di strategie globali per la tutela del patrimonio immateriale. Roma, città nota per i suoi monumenti millenari, diventa così anche capitale di un’altra forma di bellezza: quella che non si vede ma si sente, quella che si tramanda, quella che costruisce legami.