Prima udienza per Lorenzo Perris in arte Geco: “Con le sue scritte ha imbrattato strutture pubbliche”
Il mondo dei writers è un mondo artistico, un vero e proprio movimento culturale ormai da tempo presente nella cultura occidentale che riportano a colori, frasi, e movmento sui muri di cemento delle grandi città.
Un movimento che ha avuto nel corso del tempo grandi esponenti culturali ed artistici, da Keith Haring a Banksy passando per Shepard Fairey e C215, le cui opere d’arte sono conosciute in tutto il mondo e molte sono proprio posizionate non nei musei, ma sui muri delle città, trasformate in questo modo in musei a cielo aperto. E non è un caso che amministrazioni comunali oggi tendono a far realizzare ad atisti murals grandi quando una intera facciata di un palazzo per ricordare un personaggio famoso o degno di nota che proprio in quello specifico palazzo ha vissuto.
Ovviamente, com’è noto, l’arte ha una sua libertà e storicamente difficilmente commissionata, ma continua a nascere dall’estro spontaneo dello street artist secondo i suoi tempi e le sue caratteristiche.
In questo contesto si è inserito Lorenzo Perris, street artist che fa del proprio nome un vero e proprio marchio di fabbrica assolutamente auroferenziale del suo nome d’arte: GECO. Non rappresentazioni figurative ma il suo font inequivocabile, la sua firma bicolore che appare nei punti più improbabili ed una diffusione della sua firma, del suo logo, presente in migliai di adesivi presenti ovunque in tutta Italia. Nella foto di copertina è rappresentato un adesivo di GECO a Budapest in Ungheria, segnale inequivocabile dell’attraversamento dei confini geopolitici.
E la produzione principale di GECO ovviamente avviene su Rom, dicevamo in luoghi dove è difficile arrivare. Artista quindi ma anche funambolo che per mettere la sua firma rischia di fatto la vita, appeso a funi sulle facciate dei palazzi, sulle torri serbatoio, sui luoghi dove è il cemento a farla da padroni.
A fronte di milioni di tag, quelle scritte strane dai caratteri spesso incomprensibili, sembra essere GECO il capo espiatorio di tutto questo. Colui che imbratta, colui che danneggia, colui che mette solo una firma e non rappresenta nulla del mondo che ci circonda.
Ed addirittura nella scorsa amministrazione capitolina, è stato messo in moto un percorso con il coinvolgimento del NAD (Nucleo Ambiente e Decoro) per giungere all’identità reale di GECO ed eseguire perquisizioni nella sua abitazione alla ricerca di secchi di vernice ed adesivi. Materiale trovato e denuncia scattata in automatico con rinvio a giudizio con l’accusa di avere “imbrattato e danneggiato strutture e infrastrutture pubbliche di interesse storico artistico del Comune di Roma”.
Ieri mattina il writer è comparso nell’aula del Tribunale per la prima udienza a rispondere al pm Gianfederica Dito, udienza in cui il Comune di Roma si è costituito parte civile. Parti offese nel procedimento sono, oltre a Roma Capitale, anche l’associazione Villa Pamphilj e Strada dei Parchi Spa.
Accusa indubbiamente ineccepibile sul piano formale, le scritte ci sono, come pure le violazioni di proprietà. Ma sicuramente questo comporta e comporterà una città meno movimentata, più grigia, e di certo questo tipo di repressione non arginerà nessun fenomeno di tag e graffiti sui muri.
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