Avevano promesso di farlo, e lo hanno fatto. Una storia sospesa nel tempo e nello spazio, iniziata negli anni Sessanta tra le necropoli di Cerveteri e conclusasi oggi a Copenaghen, nella sede dell’Ambasciata italiana. La famiglia danese Søndergaard ha ufficialmente restituito all’Italia quattro preziosi manufatti etruschi, acquistati dal capofamiglia Bent durante una vacanza in Italia, ignaro – o forse solo dubbioso – delle reali origini di quegli oggetti che portavano con sé il peso silenzioso di scavi clandestini e traffici illeciti.
I reperti riconsegnati consistono in tre buccheri etruschi del tipo ‘kantaros’, seppur frammentari, e in un bucchero etrusco del tipo ‘oinochoe’. Si tratta di manufatti risalenti al VI secolo a.C., riconducibili a quell’Etruria centro-meridionale che ancora oggi custodisce nel sottosuolo le tracce di una civiltà straordinaria. La cerimonia di restituzione si è svolta alla presenza dell’ambasciatrice italiana Stefania Rosini e del generale Pietro Francesco Salsano, comandante della Divisione Unità mobili specializzate dei Carabinieri, in un momento carico di valore simbolico e culturale.
La vicenda, resa nota mesi fa da un’inchiesta del Guardian, è una di quelle storie che sembrano uscite da un film. E non è un caso che il paragone sia con La Chimera, l’opera di Alice Rohrwacher ambientata tra Civitavecchia e Tarquinia, pochi chilometri da Cerveteri. Nel film, Josh O’Connor interpreta un giovane rabdomante a capo di una banda di tombaroli, in un viaggio tra l’avidità umana e il fascino eterno dei sepolcri etruschi. Una trama che nella realtà ha visto Bent Søndergaard raccontare ai propri cari di aver acquistato i reperti da un uomo incontrato nei pressi della necropoli, che vendeva oggetti archeologici direttamente dal bagagliaio di un’auto, dichiarando – forse per rassicurare, forse per ingannare – di possedere un regolare permesso. Solo col tempo Bent comprese quanto quella storia fosse poco limpida.
Alla morte del padre, i figli Mads Herman ed Elin, rispettivamente ingegnere civile e fisica, hanno deciso di dare seguito al desiderio espresso da lui stesso: restituire quei reperti all’Italia. Ispirati da un movimento sempre più ampio di restituzione volontaria di beni culturali sottratti illecitamente, si sono messi in contatto con le autorità italiane, trasformando un gesto di coscienza individuale in un messaggio di responsabilità collettiva.
I Carabinieri del Comando tutela patrimonio culturale hanno sottolineato come la restituzione rappresenti «un lodevole senso civico ed espressione della spontanea volontà di due cittadini danesi di riconsegnare e ricontestualizzare beni culturali appartenenti al patrimonio storico italiano». I quattro manufatti portano ancora i segni visibili delle fratture e i residui terrosi, inequivocabili tracce di prelievi forzati avvenuti tramite scavi clandestini, in un’Italia che per decenni è stata terra di saccheggi archeologici venduti al mercato nero internazionale.
Il valore economico dei reperti è stato stimato in circa 5.000 euro, ma il loro valore simbolico è incalcolabile. L’Ambasciata italiana a Copenaghen ha espresso il proprio ringraziamento formale per «la spontaneità di un gesto che riconsegna all’Italia un pezzo della sua memoria e della sua storia».