Dopo vent’anni di abbandono e degrado, l’ex fabbrica della Penicillina di Roma verrà finalmente demolita. L’edificio fatiscente di via Tiburtina, diventato nel tempo un simbolo di criminalità e pericolo, lascerà spazio a nuove palazzine residenziali, segnando la fine di una delle pagine più oscure della storia recente della capitale. Il progetto, portato avanti dalla società Gvg1, mette la parola fine a una situazione che per anni ha generato preoccupazione tra i residenti e le istituzioni, ma solleva anche interrogativi su ciò che sarebbe potuto essere.
L’ex stabilimento farmaceutico, nato nel 1950 alla presenza di Alexander Fleming, il premio Nobel scopritore della penicillina, per decenni ha rappresentato un polo industriale di prestigio, dando lavoro a oltre 1600 dipendenti. Un’area che, con il tempo, avrebbe potuto trasformarsi nel più grande spazio di attività sociale di Roma, un punto di riferimento per la comunità, un centro polifunzionale capace di coniugare cultura, innovazione e inclusione. Invece, la crisi degli anni ’90 e la cessione dell’azienda a gruppi stranieri progressivamente disinteressati alla produzione farmaceutica hanno decretato il declino della struttura, lasciandola in balìa dell’abbandono e delle occupazioni abusive.
Il gigantesco edificio è stato per anni un’enclave fuori controllo, teatro di attività illecite che spaziavano dallo spaccio di droga al sospetto traffico di armi, fino alla prostituzione forzata di giovani donne africane. Una zona off-limits perfino per le organizzazioni umanitarie, che hanno trovato enormi difficoltà nel portare aiuto ai tanti disperati che si rifugiavano tra le sue mura. Non è un caso che proprio qui abbia trovato riparo uno degli stupratori di Desirée Mariottini, la giovane ragazza violentata e uccisa in un altro edificio degradato della capitale, nel quartiere San Lorenzo, nel 2018.
Il processo di vendita dell’immobile è stato lungo e travagliato. Il complesso è stato messo all’asta per ben sette volte, senza successo, probabilmente a causa del prezzo di partenza ritenuto troppo elevato dagli investitori. Solo nell’ottobre 2024, con l’ottavo bando, la Gvg1, società specializzata nella trasformazione di immobili e guidata da Giovanni Lombardi Stronati, ex proprietario del Siena Calcio, ha deciso di acquisirlo per 26,4 milioni di euro. Ora, le operazioni di pulizia sono già iniziate e la demolizione è imminente.
Il presidente del IV Municipio, Massimiliano Umberti, ha espresso grande soddisfazione per l’operazione, sottolineando come la rimozione di questo edificio sia un passo fondamentale per il recupero di una zona strategica della città. L’ex fabbrica, infatti, sorge in un’area di grande valore industriale, nel cuore della Tiburtina Valley, il distretto tecnologico di Roma dove operano aziende di rilievo internazionale come Leonardo, Thales Alenia, Telespazio, Aruba e Mbda, oltre a realtà storiche come Gentilini e Pallini. Un’area che avrebbe potuto ospitare un grande polo di innovazione sociale, ma che ora vedrà sorgere nuove abitazioni, rispondendo alla crescente domanda residenziale della capitale.
La demolizione dell’ex fabbrica della Penicillina rappresenta sicuramente un segnale di rinascita per il quartiere, cancellando un simbolo di degrado che ha segnato per anni l’immagine della Tiburtina. Tuttavia, rimane il rammarico per l’occasione mancata: uno spazio così vasto avrebbe potuto essere ripensato in chiave pubblica, trasformandosi in un centro culturale, sportivo, uno spazio in cui far rinascere l’artigianato italiano o di aggregazione sociale, un luogo capace di offrire servizi e opportunità a migliaia di cittadini. Invece, la logica della speculazione edilizia ha prevalso, portando alla realizzazione di nuove palazzine che, per quanto moderne e funzionali, non potranno mai restituire alla città quel valore aggiunto che un progetto più ambizioso avrebbe potuto garantire.
L’ex fabbrica verrà giù, ma con essa svanisce anche l’opportunità di riscrivere la storia di questo spazio in modo diverso. Roma, ancora una volta, sceglie di cancellare il passato invece di trasformarlo in futuro.