Ne parliamo con l’agronomo Franco Milito
Negli ultimi quattro anni a Corso Trieste sono caduti cinque pini domestici. Uno nel 2017, uno a febbraio e un altro a dicembre 2019, un altro ancora nel 2020 e l’ultimo lo scorso 9 marzo 2021. La preoccupazione tra cittadini e comitati di quartiere è tanta. Il secondo municipio e il Comune, comunque, si sono attivati per porre rimedio alla situazione. Da quanto ci fa sapere il Comitato “Salviamo i pini di Corso Trieste” si è venuti a conoscenza che potrebbero essere 13 gli alberi in procinto di essere abbattuti (nessuno, però, sarebbe a rischio di caduta immediata, a quanto abbiamo potuto apprendere, altrimenti sarebbero stati immediatamente eliminati); si tratta comunque di un numero ancora non ufficiale. Ci sembra importante cercare di capire meglio quello che sta succedendo e per questo abbiamo sentito il dott. Franco Milito, agronomo che si occupa di stabilità degli alberi da 30 anni, con il quale ci siamo recati a Corso Trieste per dare uno sguardo alla situazione.
Il dott. Milito ci spiega in primo luogo che «Nella mia lunga attività professionale ho visto cadere anche alberi apparentemente perfetti…il tronco dritto non è necessariamente un indice di sicurezza, come il tronco molto inclinato può non essere indice di pericolosità immediata. Sono le radici, infatti, che possono avere problemi. E sono quindi necessari approfondimenti tecnici su queste, perché a occhio nudo non è possibile verificare immediatamente la questione con certezza».
Un pino inclinato non è necessariamente un segno di prossimità di caduta
Ciononostante, a una prima visione, quale le sembra lo stato di salute di questi pini?
«In generale non noto nessun rischio apparente per questi alberi, a prima vista. Le chiome di questi alberi sono folte e producono germogli nuovi; non vanno toccate perché producono gran parte delle sostanze che servono alla pianta. Ci sono però alcuni danni da cocciniglia e ci sono alberi con rami da potare perché si stanno piegando verso il basso; tra una potatura e l’altra dovrebbero passare 5-6 anni, ma a volte il Comune ne lascia passare anche 15-20».
L’attacco della cocciniglia tartaruga contro questi alberi ha preoccupato in molti. Può essere questa causa dei crolli degli ultimi anni?
«La cocciniglia tartaruga, che arriva dai Caraibi e ha già fatto disastri in Campania e a Roma, non è l’unica che attacca il pino domestico. C’è anche la cocciniglia bianca, autoctona, che lo aggredisce.
Comunque, pur portando al disseccamento dei pini, la cocciniglia non è causa di schianto. Questo insetto punge il germoglio e succhia la linfa dell’albero, che di conseguenza viene fortemente indebolito. Dato che le popolazioni di cocciniglia sono molto numerose, la sottrazione di linfa conseguente può essere tanta. Gli alberi in questo caso finiscono per morire in piedi, pur con la ramificazione ancora stabile. In alcuni casi, comunque, resistono in salute».
Allora perché i pini domestici di Corso Trieste cadono?
«Le cause sono molte.
Dobbiamo in primo luogo considerare una questione importante: il pino domestico non è autoctono a Roma. Vive nel Lazio da tempi immemori, visto che erano coltivati già dagli Etruschi; tuttavia i terreni di Roma non sono il massimo per il pino domestico, che ama il terreno sabbioso e senza umidità dove le radici possono spandersi in maniera regolare. I terreni romani, tenaci perché costituiti da terreni vulcanici misti ad argille, fanno sì che la pianta non riesca ad espandere l’apparato radicale.
Sotto Corso Trieste, inoltre, scorre una falda acquifera che arriva fino a Piazza Annibaliano. Se le radici del pino domestico sono costrette a vivere in un ambiente molto umido vanno più facilmente soggette a attacchi parassitari che talvolta diventano devastanti.
Inoltre, il pino domestico produce per sua natura una radice, il fittone, molto profonda e molto robusta. In vivaio il fittone viene tagliato, altrimenti andrebbero cresciuti in vivai molto grandi. Quindi l’albero viene piantato in strada senza fittone e conseguentemente è più debole di quanto è in natura. A volte la pianta riproduce fittoni secondari, ma non sempre.
Vediamo adesso i problemi causati alle radici, che purtroppo una volta danneggiate non possono essere riparate. Gli apparati radicali degli alberi hanno subito nel corso del tempo molti oltraggi da parte dell’essere umano: scavi per far passare sottoservizi, per rifare l’asfalto (perché fresando l’asfalto vecchio si fresano anche le radici), installazione di impianti di irrigazione fatte con scavatori…tutti interventi che possono incidentalmente causare tagli talvolta profondi che per giunta non vengono successivamente curati. Per via dei problemi prima esposti riguardanti la debolezza delle radici dei pini domestici piantati a Roma, uno scavo che interessa solo il 20 o il 30% dell’apparato radicale può fare danni importanti. Si provocano così ferite che possono rappresentare l’ingresso per agenti patogeni come i funghi che penetrano le radici, ne degradano il legno e fanno perdere la loro capacità di ancorare l’albero al suolo. Si compromette dunque l’alimentazione dell’albero».
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