Intimorisce Roma in questi strani giorni di quarantena. Intimorisce come la bellezza più irraggiungibile che all’improvviso ti si presenta davanti agli occhi; intimorisce come un palco vuoto in un teatro buio, per un artista alle prime armi. Ti lascia senza fiato perché soggiogato da una perfezione che si credeva persa, seppellita sotto lo spesso strato della routine quotidiana che rende ciechi tutti noi romani. Ci ritroviamo a fissare fotografie che sembrano uscite da un altro tempo, o video surreali come fossimo al cinema, incapaci di elaborare il sentimento corretto che ci provocano. Bellezza, certamente.
Si riscopre la Roma che fa innamorare chiunque la veda per la prima volta; torna alla mente il sapore di quella prima passeggiata per il centro da bambini, lungo vie e piazze che poi non sarebbero state mai più così affascinanti mentre le avremmo ripercorse negli anni, ogni volta un po’ più adulti, ogni volta un po’ più distratti. I particolari colpiscono al cuore: il riflesso della luna sui sanpietrini di piazza Venezia, mai così vivido perché mai così solitario; lo sbuffo di un autobus che passa velocemente davanti a Teatro Marcello, impaziente di liberare un quadro di cui è unico intruso; il tramonto che cade proprio lì in fondo a una via del Corso colorata e muta; l’eco dello scroscio dell’acqua della Fontana di Trevi, prima soffocata dal vociare ininterrotto della piazza, ora libera di allungarsi per i vicoli, indisturbata; ma proprio il suono più antico del mondo, quello dell’acqua che scorre, è improvvisamente innaturale per chi lo ascolta. Così come tutto il resto. Bellezza, sì, ma una bellezza tetra.
Doveva averlo immaginato così Oscar Wilde lo sguardo di Dorian Gray, perfetto e insieme sbagliato. Si rimane senza fiato ad osservare piazza San Pietro buia e vuota, non perché stupenda, ma perché spaventosa. L’ha presa di petto Papa Francesco e le sue parole ci hanno dato ancor più coraggio proprio perché ha sfidato a testa alta l’innaturalezza della situazione nella quale siamo precipitati, incarnata all’improvviso da una piazza stupenda, ma triste. Stupenda ma triste come Roma vuota.
Non è un dolce-amaro film di Sorrentino, è l’incubo di Tom Cruise che in Vanilla Sky si risveglia in una Times Square terrificante perché all’improvviso deserta, come lo è oggi. Una città senza gente, senza sorrisi, grida, confusione, è come un corpo senza sangue. Congelato in un limbo senza tempo. Ma il sangue tornerà presto a circolare nelle vene, le piazze a riempirsi. E quando Roma riprenderà colore, sapremo forse vederla di nuovo con gli occhi di quel bambino che per la prima volta passeggiava per le vie del centro una domenica pomeriggio. E come accadde per lui, la bellezza tornerà a meravigliarci, a farci sorridere, non più a spaventarci.
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