Prima del grande evento degli Europei 2020 il pubblico torna anche nei palazzetti dello sport
Non eravamo più abituati, inutile dirlo. Se nello scorso anno la pandemia ci aveva negato la possibilità di godere almeno per un periodo di tempo degli eventi sportivi, in questa stagione gli eventi ci sono stati ma ovviamente a porte chiuse.
Il tifoso in questo periodo di tempo si è abituato a rumori silenziosi, grida degli allenatori ai propri atleti, oggi udibili ma in tempi normali sommersi e coperti da applausi, canti, cori e fischi. Riprese televisive in cui oltre al commento del presentatore è stato possibile udire finora il colpo dello scarpino sul pallone da calcio, il rimbalzo della palla a spicchi su parquet del campo da basket, la mano che schiaccia la palla sotto rete nella pallavolo.
Rumori che perpecepivamo prima solo nelle partite a tennis, uno dei pochi sport in cui il silenzio regna sovrano durante le fasi di gioco. Una percezione di gioco silenziosa ma assordante a suo modo a cui il tifoso si è abituato suo malgrado, l’unico modo di poter vedere il gioco attraverso lo schermo televisivo, dei tablet, dei telefonini e senza poter respirare l’agonismo sul campo.
Rientrare oggi attorno ai campi da gioco sembra quasi traumatico, ma incredibilmente bello, tanto nelle partite degli Europei di calcio, quanto nelle partite nei palazzatti dello sport. La squadra del cuore sembra aver ritrovato al suo fianco un alleato in più, l’alteta cerca di nuovo la motivazione e ne riceve in cambio un applauso scomparso come un fantasma. E pur di esserci il pubblico è disposto a tutto, anche ad una inaspettata piccola trasferta, se per la mancanzi di impianti sportivi disponibili, la propria squadra si trova a dover gareggiare in impianti fuori provincia. Il pubblico c’è malgrado tutto e lo sport riacquista la sua funzione sociale nella sua interezza, reincludendo la partecipazione ed il sostegno, diventando di nuovo modello di vita e di perfezionamento morale come professato dal filosofo Pierre De Coubertin, padre della pedagogia e della psicologia sportiva.
Coloro che hanno vissuto lo sport dai campi vuoti, gli addetti ai lavori, gli atleti, i preparatori, ma anche tutte le maestranze, hanno accolto umanamente il pubblico, quasi fosse una famiglia. Si sente dire “E’ una strana sensazione” – quasi con gli occhi lucidi – “rivedere il pubblico, ma anche gli atleti giovanili, i ragazzi, che vengono ad esaltare le prime squadre dagli spalti” segno inconfondibile che se al pubblico è mancato lo sport, anche allo sport, quello vero, è mancato il pubblico.
Un piccolo passo per una partita, un grande passo verso la normalità.