Stefano, iniziamo con una piccola chiacchierata su Parigi. Non eri nel villaggio degli atleti ma in un albergo con i tuoi colleghi di tutto il mondo. Quindi non hai avuto i problemi che gli atleti hanno lamentato, l’aria condizionata, i letti di cartone, queste cose qui. Che cosa t’ha portato in più per una tranquillità tua personale?
Allora, storicamente sì è vero. Gli officials, come dicevo a qualche tuo collega, non risiedono nel villaggio olimpico. Questo può sembrare una “diminutio” che però ha un grosso vantaggio perché siamo meno soggetti a regole di sicurezza. Cioè c’erano, ma tutto è più controllato. Eravamo in un ottimo albergo, il Mama Shelter, che era a dieci minuti a piedi dal nostro venue, anche meno, con un palco di accesso dedicato solo a noi, solo agli apprenditati. Quindi non abbiamo mai fatto file, sicurezza molto discreta, sotto l’albergo le strade chiuse, tutto assolutamente controllato. Colazione fantastica, stanze ottime. L’unica nota negativa su cui, diciamo, ho scritto anche un po’, è stato il cibo, un catering olimpico che peraltro variava da Venue a Venue. Ho frequentato il beach volley per qualche partita, sono andato a vedere qualche sessione, e lì c’era una sorta di tavola calda, non un ristorante stellato Michelin, ma sicuramente c’era del cibo caldo, cosa che noi non abbiamo mai visto. Questo sarebbe stato un grosso problema, andare a mangiare roba fredda per venti giorni, ma io, mi sono auto-organizzato, mettiamola così. Per il resto devo dire che a me l’olimpiade è piaciuta tantissimo anche dal punto di vista organizzativo, tutto è criticabile, ma farla in una città così grande, immaginiamo dentro Roma, penso avremmo avuto problematiche simili. Per noi è stata una collocazione logistica assolutamente ideale.
Abbiamo avuto dei colleghi nostri che sono arrivati qualche giorno prima dell’inaugurazione dei Giochi Olimpici e inizialmente ci hanno raccontato di una Parigi deserta, una Parigi quasi impaurita dall’evento, tu hai potuto girare un pochino per la città anche nei momenti in cui non eri impegnato?
Io ho girato fin dall’inizio perché sono arrivato il 24 luglio, quindi tre giorni prima dall’inizio della competizione, abbiamo partecipato alla cerimonia d’apertura, bella ma un po’ dispersiva. È stata una loro scelta quindi non entro nel merito, è come andare a un matrimonio, si partecipa con la gioia di farlo, secondo me non è neanche giusto criticare, ciò detto io non ho riscontrato una Parigi assolutamente deserta, durante I giochi le Venue erano tutte stracolme.
Forse i parigini sono andati via, non è la prima volta che succede, però c’era tantissima gente di tutte le nazionalità e mai la calca incredibile, era pieno di turisti sportivi, di gente che è venuta a Parigi per le olimpiadi, ho girato abbastanza e devo dirti, non l’ho trovata affollatissima neanche una settimana dopo l’evento.
Il momento più simpatico di questi giorni? C’è un aneddoto particolare che ti è rimasto…
Il momento più simpatico è legato alla vittoria dell’Italia. È un momento che tengo nel cuore perché pochi istanti dopo la vittoria dell’Italia sono sceso discretamente, approfittando dell’accredito a bordo campo, per la vittoria dell’Italia femminile. Velasco si è diretto verso di me. Lui è venuto perché ci eravamo salutati e mi ha detto: “non ho ancora realizzato, non ho realizado quello che abbiamo fatto” come dice lui, con una zeta sola. Anche un personaggio come lui evidentemente è soggetto all’emozione di quel momento perché l’Italia ha fatto una cosa grandissima. Quindi questo secondo me è il riguardo più simpatico, più bello.
E invece uno non proprio simpatico?
Mah devo dirti che di cose non simpatiche fortunatamente non me ne sono accadute, quindi dovessi dirti una cosa molto negativa non saprei cosa dire. Devo dire che siamo stati in armonia, in tranquillità, rispettando le regole, rispettando chi ci gestiva e quindi è stato tutto svoltoin un clima di amicizia o di rapporti assolutamente cordiali, anche i personaggi importanti dell’FUB o di VolleyWorld sono stati discreti, hanno gestito con assoluta disponibilità.
Quali sono state le prime emozioni che hai provato quando hai saputo che avresti arbitrato la finale di pallavolo maschile?
Guarda, le prime sono legate alla mia famiglia, perché c’è un momento molto simpatico ed emozionante per me. Tutte le designazioni arrivavano via Whatsapp tramite un file spedito nel gruppo Whatsapp privato degli arbitri, dove c’erano anche i nostri referee coach. Tutti aspettavamo il toto designazione che parlava di alcuni soggetti tra cui il sottoscritto. Non mi ero fatto false illusioni una volta che l’Italia era comunque uscita dalla competizione. Mi ricordo però dove ero e con chi ero. Ero con la mia famiglia che non aveva assistito alle partite di quel giorno ed eravamo fuori dall’arena, appena fuori, sul piazzale di Porta di Versailles. E quando è arrivato il messaggio l’ho fatto aprire a mia moglie, la quale mi ha risposto con un bacio senza alcuna parola ed io ho capito che ero stato designato come primo arbitro della finale. Sai, a volte non servono parole e questo è un aneddoto molto carino. Insomma è un momento molto alto della mia vita non solo sportiva ma anche personale.
E invece come hai gestito la pressione di essere al centro di un evento così importante di fronte a milioni di spettatori? Un conto sono gli spettatori che sono lì nello stadio davanti ai tuoi occhi ma c’è anche la consapevolezza che hai una diretta televisiva che va a coprire milioni di persone in tutto il mondo, quindi è una pressione….
Su questo non so se ti deluderò, ma l’ho gestita in maniera assolutamente normale. Io mi ispiro da anni alla teoria della “u rovesciata”, molto famosa, che aiuta anche nella vita. È quella di non sottoporsi a stress inutili, specialmente quando le situazioni stressanti, condizioni stressanti arrivano dall’esterno, siano esse controllabili o meno, perché lo stress molto spesso non è controllabile. Quindi per avere un livello prestazionale ottimale bisogna non sovraccaricarsi. Come uno che gioca una finale, non deve fare cose diverse, deve mantenere il suo equilibrio, quindi io ho mantenuto il mio equilibrio non pensando alle condizioni ed al contorno, non dico prendendola come una partita normale, perché sarei falso se dicessi una cosa del genere, ma sicuramente anche nella routine non ho fatto nulla di particolare, tant’è che la sera prima sono andato a vedere, la finale di Beach Volley. Ho fatto relativamente tardi, mezzanotte, non tardissimo, la finale femminile del torneo di Beach Volley. La mattina sveglia, tutto normale. Secondo me la normalità è l’antistress per eccellenza.
Arrivati sul campo dimentichi tutto col primo fischio, quando sali i famosi cinque pioli del trespolo, almeno chi è abituato a un certo tipo di condizioni, certo quella è molto particolare, però non cambiare il protocollo secondo me aiuta moltissimo a gestire lo stress.
Hai parlato di scaramanzia, prima della partita non hai una routine o un rituale particolare per prepararti mentalmente o comunque qualcosa che ti fa iniziare bene l’evento. Nei piloti di Formula 1 per esempio qualcuno entra nell’abitacolo con la gamba destra oppure hai una tua particolarità, se puoi dirla ovviamente.
Non è legata a Scaramanzia, ma ovviamente ho una mia routine, perché secondo me è importante avere una routine che non seguo proprio alla lettera, ma più o meno ha quegli stessi passaggi: una bella doccia con acqua non caldissima diciamo un paio d’ore prima, questo dipende poi dalla distanza rispetto al posto dove arbitrare accompagnata da alcune canzoni che mi caricano molto, alcune musiche commerciali, io non predilogo quelle. Alcune canzoni che mi rilassano e mi caricano al tempo stesso, dopodiché nulla di particolare quando vado sul campo, nulla di scaramantico, se non usare sempre la solita moneta, ma questo è legato alla tradizione più che a scaramanzia, e quando inizio la partita, specie quelle importanti ho l’abitudine di fare il segno della croce, ma non per richiedere l’assistenza dall’alto, e di baciare la mia fede, la fede del mio matrimonio, questo sì non è scaramantico ma è un modo per reperire energie.
C’è stato durante la partita un momento specifico in cui hai sentito più forte l’emozione del momento, magari la monetina piuttosto che un’azione particolarmente concitata?
Guarda, in realtà sì, alcuni momenti. Il primo in particolare è il momento del sorteggio, perché ho realizzato veramente che stavo per cominciare la finale olimpica, quella che assegnava la medaglia d’oro. L’altro momento topico è quando sali sul seggiolone, quando fai quei famosi cinque pioli. E l’altro è l’inizio partita: stranamente sono un bradicardico e rispetto al solito mio battito cardico, ho un orologio che mi consente di monitorarlo senza che questa cosa diventi una sorta di malattia, avevo 10-15 battiti al di sopra del mio standard, che è intorno ai 75-78. Ero appena sopra i 90 battiti e questo è durato tutto il primo set. Durante la partita no, è stato tutto sotto controllo, diciamo che forse il momento topico è stato alla fine, quando ha fischiato il famoso palleggio sul 24-20, seguito poi da due aces di Leon, quindi siamo andati dal 24-20 al 24-23. Poi lui ha sbagliato, ma non è stata fonte di stress, ho fatto quello che un buon arbitro deve fare, cioè sanzionare un fallo assumendosi le proprie responsabilità di fronte a questo. Questi sono gli episodi, diciamo, che mi piace ricordare della gara.
E come hai vissuto invece il momento di stress durante la partita, un momento di nervosismo un pochino più concitato, un review in particolare in cui veniva messa in discussione una tua eventuale decisione.
Nell’arco di quella gara c’è stato un momento di nervosismo dove l’arbitro deve intervenire e gestire, perché a volte lasciamo andare le cose che poi diventano pericolose per la gestione della gara. C’erano alcuni giocatori nervosi, senza fare nomi, senza entrare nello specifico. Diciamo che lì non bisogna emergere per l’utilizzo dei cartellini se è possibile, quanto per qualità gestionale. E quindi ad un certo punto ho chiamato, dopo un time-out, i capitani delle due squadre perché si stringessero la mano. C’era stato poco prima qualche sguardo di troppo sotto rete. Sai che la pallavolo ha la rete è in mezzo e quindi è uno sport che non ha il contatto fisico, ma spesso gli sguadri danno fastidio. Non giochiamo in chiesa, ma al tempo stesso bisogna controllare. È stato un momento molto alto e secondo me molto apprezzato, perché poi I due giocatori che all’inizio facevano fatica a contenersi si sono dati la mano e sono andati via tranquilli, sereni. Dopo quell’episodio non c’è stato null’altro se non lo svolgimento della gara, quindi è stato un big plus, come dico, un grosso valore aggiunto portato nella partita.
Quindi un atto distensivo, diciamo, più psicologico che altro…
Un momento che poteva, non dico trascendere in quell’istante, ma trascinarsi nella partita. Sai, da cosa nasce cosa, e poi sei costretto ad intervenire dopo. In un contesto di milioni di persone così importante è tanto bello quando si risolve tutto, e da quel momento è andato tutto liscio, per fortuna.
Abbandoniamo un attimo il campo, entriamo un attimo nell’introspezione di Stefano Cesare. Dirigere una finale olimpica è indubbiamente il sogno di molti arbitri. Ripensando alla partita, come hai vissuto la realizzazione di questo traguardo che è diverso dal momento della partita?
Diciamo che ti passa davanti il sogno, non l’obiettivo. Il sogno che per alcuni diventa obiettivo. Io sono fortunato, io sono sempre privilegiato, la componente di fortuna è comunque importante. Come si dice, è vero anche che la fortuna premia gli audaci, questo è fuori dubbio. Sicuramente fai l’excursus della carriera, la cosa che ti viene da pensare è tutto quello che hai fatto in quei 38 anni, con alcuni momenti particolari, momenti difficili perché ce ne sono stati. Non è un’autostrada a tre corsie, è tutt’altro, è un percorso pieno di curve, di insidie, di salite e di discese pericolose. quindi lo ripercorri nel giro di qualche attimo. Chiaramente c’è un senso di soddisfazione, di godimento, che però non travalica mai il limite dell’umiltà che noi dobbiamo mantenere. Alcuni non capiscono questo, che si può essere umili mantenendo il sorriso sulle labbra e mostrando gioia, per una cosa alla fine è una cosa bella. L’altra cosa fantastica è che non rappresenti solo te stesso, c’è il risultato personale ma anche il risultato della classe arbitrale, in questo caso italiana. Ti senti di rappresentare tantissimi ragazzi che ti scrivono, che ti guardano, che un giorno vorrebbero fare quello che tu fai, quindi questa è una responsabilità a suo modo, ma è molto molto gratificante.
Anche perché sei stato il primo arbitro italiano a dirigere una finale.
Allora questa cosa va un po’ corretta, nel senso che va integrata. Se parliamo di finali per l’oro, allora diciamo che io sono il tredicesimo arbitro e il numero 13 ha portato bene. Sai che sugli aerei non c’è la fila 13. C’è la 17, invece che da noi è un numero che porterebbe male, ma ritorno a non essere scaramantico. In ogni caso sono stato il tredicesimo. Prima di me sicuramente c’è stato Massimo Menghini che ha arbitrato la prima finale olimpica femminile a Pechino, peraltro io ero presente perché dopo la mia finale maschile del Beach Volley ero andato a vedere quella partita due giorni dopo, quindi ero presente alla finale di Massimo e in ambito maschile non era mai successo per vari motivi. Diciamo che solo quattro arbitri hanno assegnato medaglie, arbitri italiani, quindi è un ulteriore motivo di soddisfazione.
Siamo in dirittura d’arrivo di questa nostra chiacchierata e parliamo un attimo di un episodio non bello. Parliamo di social, dove la gente si scatena con il dito accusatorio nascosti al sicuro dietro un monitor. Abbiamo letto anche tante accuse, anche brutte e infamanti chiedendo se il viaggio della famiglia fosse pagato dalla federazione. Quanto hanno colpito le insinuazioni sulla tua famiglia dentro di te oppure non sei stato scalfito?
Sul mio blog non mi piace espormi, però ci sono tante persone che hanno seguito, hanno potuto vivere l’Olimpiade da dentro, attraverso racconti e cose che da fuori non si vedono. Come dico io, chi vuole, legge, chi non vuole, non legge, non c’è necessità di, commentare a tutti i costi. Questa è una regola che viene molto spesso violata. Questo episodio, l’avrei potuto citare anche tra gli episodi negativi nelle domande precedenti. È una cosa di cui non sono stato protagonista io. Ero alla cerimonia di chiusura dell’Olimpiade con la mia famiglia, quando mi è stato girato quello screenshot . Alle cose negative non bisogna dare risalto, se no si fa pubblicità ai personaggi, quindi ho rimosso il nome della persona, che tra l’altro non so chi sia. La mia risposta è stata sarcastica, in qualche modo, e avrei piacere di invitare questa persona a cena per spiegargli come funzionano le cose e per spiegargli che la mia famiglia è venuta per condividere con me un momento di gioia, per vivere la sua vacanza, e quello che abbiamo fatto sono cose nostre che non vanno pubblicizzate. Quello che mi ha un po’, non ferito, diciamo infastidito sì, è che di me si può dire tutto, però credo che la famiglia vada lasciata in pace e non ha fatto male a nessuno. Però di me io sono più esposto, quindi ci sta che uno voglia dire la propria, seppur ingiustificata. Sarebbe bastato contattarmi e gli avrei spiegato tutto, non vedo quale curiosità morbosa ci sia nel capire chi ha pagato le spese di mia moglie, è una cosa ovvia, l’ha pagata la famiglia. Tra l’altro mia moglie lavora, come ho spiegato, hai letto la risposta, quindi non vado nei dettagli. Però è un messaggio su un milione, quindi non darei più di tanto risalto alla cosa, è stato il momento che mi ha portato a rispondere, tra l’altro chiudo, in maniera equilibrata, assennata, simpatica e finisce lì. Delle tue due ipotesi alla seconda, non ho dato nessun peso, non andremo oltre perché la cosa per noi non è mai cominciata, non dico che finiamo, ma non è mai cominciata. Tra l’altro il personaggio è stato poi in quel blog, mediaticamente, non voglio dirlo massacrato perché è un brutto termine, però è stato attaccato, proprio perché era totalmente fuori contesto, si parlava di una cosa gioiosa, ha voluto dire la sua, se è felice così va bene.
Arbitrare una finale oppure vedere l’Italia in finale? È ovvio che se l’Italia fosse stata in finale, tu non saresti stato sul seggiolone.
Mi fa piacere questa tua ultima domanda perché quella precedente mi avrebbe lasciato perplesso se fosse stata l’ultima, invece questa mi piace come chiusura, come chiosa. Ho sempre messo davanti, e tutti lo sanno, tutte le persone che mi seguono, la mia italianità al mio arbitrare. Ero già felicissimo perché ho fatto sicuramente una bellissima olimpiade. Dopo la semifinale, l’obiettivo che non avevo dichiarato prima perché non si può, perché dipende da n fattori, era quello di fare una delle partite più importanti da primo arbitro. L’ho raggiunto, arbitrando peraltro molto bene, una partita fantastica, superiore a livello qualitativo rispetto alla finale, che è stata Polonia-Stati Uniti, una semifinale meravigliosa. Poteva finire lì o potevo avere un ruolo minore in qualche altra partita negli ultimi giorni. Sicuramente mi avrebbe fatto piacere la doppietta italiana, o a livello di medaglia o anche a livello di finali. Una volta che l’Italia non c’è stata, è successo quello che è successo. La designazione la prendiamo, ma non sono stato io a riempire uno spazio che l’Italia non ha preso, è rimasto vacante. Però delle due, ripeto, avrei preferito la medaglia d’oro d’Italia e Stefano Cesare contento e felice con la semifinale.
È vero che il Molise esiste?
Il Molise esiste, è una regione bellissima, tra l’altro andrò a breve perché mi hanno invitato, mi stanno invitando. Domani andiamo in Calabria e lì riceverò la cittadinanza onoraria nel paese di mia moglie, che è una cosa grandiosa, riservata a personaggi illuminati o illuminanti, cosa che non credo di essere. Poi andrò in Molise il 3 settembre nella mia città dove sono vissuto, non sono nato ma sono vissuto. Il Molise esiste ed è una regione bellissima che ha le montagne, la pianura, le colline, il mare, un mare molto bello, il cibo, il vino, tante bravissime persone, tanti piccolissimi comuni. È e una regione di 330.000 abitanti. Quindi visitate il Molise se vi capita perché vale la pena come tutto il resto d’Italia perché non dimentichiamoci che viviamo in una nazione stupenda, splendida, che in ogni angolo riserva sorprese e ti lascia a bocca aperta o a bocca piena dipendendo dal fatto che uno sia in giro per turismo piuttosto che per mangiare e bere. Per gastronomia. Comunque in Italia abbiamo un privilegio enorme.
Noi ci salutiamo Stefano, ti ringrazio per questa intervista.
Grazie a te!