Ferdinando Mezzelani ‘Ferdi’ per gli amici una medaglia d’oro a Parigi (sarebbe stata la tredicesima per l’Italia), l’avrebbe meritata come, e forse di più, di chi è salito sul gradino podio ed ha sentito risuonare le note dell’ inno di Mameli per le proprie gesta sportive.

Non stiamo parlando di un atleta, anche se da oltre 40 anni lo sport è la sua vita, prima per passione e poi per professione. ‘Ferdi’ è un fotografo sportivo, indiscutibilmente ai vertici dell’ideale classifica di coloro che con una macchina al collo calcano stadi e palazzetti. Stimato ed apprezzato in Italia e all’estero, quest’anno ha vissuto, ancora una volta da protagonista, la sua undicesima Olimpiade, sempre con lo stesso grande entusiasmo e lo stesso straordinario intuito che lo hanno portato, nella lunghissima carriera, ad immortalare momenti unici dei più grandi eventi internazionali.

Ma per ‘Ferdi’ questa è la norma, una consuetudine della quale sarebbe quasi superfluo parlare. L’eccezionalità ‘dell’impresa’ firmata a Parigi da Mezzelani è che, con feroce forza di volontà, si è presentato all’appuntamento sotto i Cinque Cerchi con accredito e macchina fotografica al collo, soltanto un anno dopo il terribile incidente stradale che lo ha coinvolto, nel quale ha visto la morte in faccia e che gli è costato l’amputazione della gamba sinistra. Un’esperienza terribile alla quale ha saputo reagire con un coraggio e una determinazione da prendere ad esempio, da rappresentare ai giovani e a tutti coloro che si abbattono e vanno in depressione per le vicende, spesso banali, della vita quotidiana.

“Senza l’aiuto, il sostegno, la solidarietà, la vicinanza umana di tanti amici-sottolinea Ferdi-di certo non ce l’avrei fatta. Visite quando ero in ospedale, messaggi, post sui social, in molti mi sono stati vicini, riversando affetto su di me e mi hanno permesso di intraprendere un percorso difficile, di vincere le mie paure. Nei momenti di sconforto mi aggrappavo alle tante persone che non mi hanno fatto mai mancare una carezza, un abbraccio reale oppure virtuale, una parola di conforto. Ho sentito tanto calore umano intorno a me. Certo sarà impossibile mettere tutto alle spalle ma sono vivo, questo conta e mi permette di andare avanti. Sono consapevole che la battaglia continuerà, probabilmente non avrà mai fine, ma sono pronto ad affrontarla e so che non sarò da solo “.

Quanto dolore ti provoca riandare con la mente all’incidente?

“ Innanzitutto colgo anche questa occasione per ringraziare la dottoressa dell’Esercito Francesca Antonini che mi ha salvato la vita intervenendo con prontezza e competenza mentre ero riverso sull’asfalto, un vero e proprio angelo senza la quale non staremo qui a parlare. Mi rimane dentro l’amarezza per il fatto che ne l’autista dell’autobus che mi ha investito ne l’ATAC abbiano mai sentito l’esigenza di farmi una telefonata, di sincerarsi delle mie condizioni, di chiedermi se in qualche modo potessero fare qualcosa, ma anche questo arricchisce il mio bagaglio di esperienza “.

Raccontaci il ritorno al tuo lavoro e la recente esperienza olimpica. Che emozioni e sensazioni hai vissuto?

“ Il ritorno alla professione è stato graduale. Ringrazio gli amici di Sport E Salute che mi hanno permesso di allenarmi con gli eventi del Foro Italico per andare alle Olimpiadi dove il Coni mi aspettava a braccia aperte Ho potuto verificare con mano di essere addirittura migliorato. Un anno di fermo mi ha permesso di riflettere, di valutare i miei errori, di capire come potessi offrire un servizio sempre più qualificato. Oggi nel nostro lavoro molto spesso ci si improvvisa. Non basta aprire l’otturatore e scattare a raffica per fare la foto perfetta. Io lo scatto l’ho sempre pensato prima, cercando di capire in anticipo quello che poteva avvenire. Vengo dallo sport attivo e credo di avere abbastanza intuito per ‘cogliere l’attimo’. E poi a 60 anni sono rimasto un bambino curioso che vuole capire ogni sfumatura. Se qualcuno fa una foto che mi colpisce chiedo, approfondisco, cerco di arricchire il mio bagaglio “.

Tornando a Parigi…

“Le emozioni che ti regala un’Olimpiade sono sempre le stesse, umanamente e professionalmente. In questa occasione è stato davvero molto bello incontrare i miei colleghi stranieri, compagni di avventura in giro per il mondo nelle più grandi manifestazioni. Inglesi, tedeschi, americani mi hanno accolto con un affetto smisurato. Ho avuto anche l’abbraccio di Simon Bruty, sicuramente uno dei migliori fra di noi, davvero tanta roba “.

Alla luce di quanto mi hai raccontato, cosa vedi al tuo orizzonte nel prossimo futuro ?

“ Amo la vita, sono vivo, continuerò ad andare avanti con l’entusiasmo che ho sempre avuto. Le difficoltà ? lo hai detto tu, sono un lottatore e continuerò a lottare “.