Non ho visto San Remo. Non lo vedo da decenni. Amo troppo la musica. Ma so che oggi e’ il 4 marzo. E rivedo il mio grande amico piccolo grande uomo Lucio Dalla quella sera al Festival.
Allora lo vedevo eccome, il baraccone nazional popolare.. aveva un senso.. era fatto di personaggi veri, di canzonette più o meno belle da fischiettare e canticchiare per anni.
Era fatto di un’Italia come sempre piena di bianchi e neri , ma comunque piena di ideologie, voglia di vivere, contrapporsi, lottare. Mica era fatta di fumi lustrini ragazzini perline tatuaggi e cazzatelle.. era fatta di Marcelle Belle e Nicola di Bari, Morandi e Ranieri, Milve, Mine e Zanicchi.
Era fatta anche di meravigliosi personaggi come Dalla. Che io, collaboratore della Direzione PCI, sezione Amici de l’Unita’ alle Botteghe Oscure, portai personalmente ai miei capi Pajetta, Galli e Barbieri un pomeriggio del 74, con il suo manager Renzo Cremonini.
Ero proprio io che sceglievo i personaggi per le migliaia di Feste ero io che selezionavo, tra folk pop jazz e canzoniere politico gli artisti da lanciare nel circuito rosso. Lucio era già famoso, ma più nelle feste popolari di centro, voleva “buttarsi a sinistra”. Lo voleva intuendo il potenziale economico della scelta, ma anche capendo di essere maturo per affrontare le masse popolari impegnate e i giovani studenti in lotta.
Gli facemmo subito un contrattone per 40 spettacoli, ricordo a 800 mila lire l’uno quando io, De Gregori, Venditti, Pietrangeli e la Marini ne prendevamo 250. Il genietto decollo’ e riempi’ le piazze. Spesso cantammo insieme, noi del Folkstudio e lui. Facemmo molti Provinciali e due Nazionali. Ci integravamo bene tra canzoni di lotta, e pop. Tre album straordinari con i testi del grande bolognese Roversi accrebbero il mito di un Lucio che passo’ da “Annabellanna” a Itaca, Nuvolari e infine, per la prima volta con le parole tutte sue alla fenomenale “Com’è profondo il mare”, con la quale si consacro’ definitivamente alla storia come i vari Tenco De Andrè e Guccini.
Pian piano ci vedemmo sempre meno: io restavo il compagno delle canzoni ideologiche e lui, così come i miei pari Francesco e Antonello, sempre piu’ famoso in radio e tivvù.
Divenni critico musicale nell’80 a Paese Sera e Lucio presi ad intervistarlo anno dopo anno come un divo, sempre comunque amico e alla mano, straordinario personaggio mai sfiorato da atteggiamenti che molti, troppi altri invece, assunsero antipaticamente.
Partecipò alle mie trasmissioni radiofoniche, fece l’ospite al mio concerto in Sala A di Via Asiago nei giorni del tour con De Gregori, fu sempre fino all’ ultimo un vero grande amico.
Intelligente, fantasioso, forse davvero il numero uno della nostra canzone d’autore, lui, grande poeta ma anche jazzista e compositore, capace di scrivere brani come “Futura”, “Anna e Marco” e “La sera dei miracoli”: capolavori assoluti di estati romane all’ altezza.
In questi giorni ritorna non a caso spesso il ricordo dell’ assessore Renato Nicolini, con Lucio Dalla mito dei ’70 e ’80, anni difficili, ma unici e irripetibili.