Italo Cucci fa il punto sulla situazione dell’AS Roma e del suo allenatore Fonseca
Giuro che Fonseca mi piace. Tecnicamente sa il fatto suo, e si vede: la Roma gioca, ed è talmente titolare delle scelte del tecnico al punto di dimostrare una dolorosa coerenza: perde con le grandi, tutte, vuol dire ch’è fatta cosí, col peccato dentro, quasi un calcolo, diciannove avversarie, quattro-cinque le squadre “proibite “, con le altre ci si può divertire, cercare un posto al sole, in Europa League, magari in Champions…
Il paradosso ci sta, il calcio no. Individuato – e ripetuto più volte – l’errore, si corre ai ripari.
Dicevo che Fonseca mi piace. Anche come persona. Un portoghese non…ronaldato, classico direi: silenzioso, educato, al massimo della gioia sorride, non concede molto al festival romano del blabla, in privato ascolta Amalia Rodriguez, ama il fado tristarello come lui…Sto inventando per dire che è forse il più esotico dei tecnici sbarcati a Trigoria.
Però all’improvviso assume un atteggiamento non in linea con il suo carattere: c’è l’ha con la squadra, l’accusa di non aver coraggio. Mica niente. Ricordategli quell’antico detto romano, “ chi desiste dalla lotta è un gran figlio di…”. Sic rebus stantibus (scusate il romanesco) non si limiti alla sgridata sommessa.
Urli. S’incazzi. Dove? Come? Quando? Ho sentito l’altro giorno uno che spiegava perché Allegri è un vincitore rivelandon4 almeno un degreto: il suo regno è lo spogliatoio, lí affronta le situazioni, lí prende di petto “i suoi ragazzi”. Come? Il testimone giura che quando ci si mette fa tremare i muri. Ecco, caro Fonseca, provi a alzare il volume. Forse i “ragazzi” l’ascolteranno.
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