Un disgraziato retropassaggio di Musacchio spiana la strada ai campioni d’Europa all’Olimpico…”. È cominciata così la disavventura di Champions della Lazio contro il Bayern. Leggo ancora: “Non ha funzionato niente, neanche il palleggio arretrato con Reina…”.
E qui mi fermo, rivedendo scene di campionato ormai abituali di quel calcio che vorrebbero venderci come nuovo, specializzato nella “costruzione dal basso“ che è una delle più ridicole scelte tattiche attribuibili al guardiolismo, anche se il Barça di Guardiola poteva permetterselo con quel gruppo di autentici campioni trascinati dal miglior Messi del secolo. Non solo: in porta Victor Valdes aveva nelle uscite basse e nella visione di gioco le sue doti migliori. Si può dire lo stesso di Reina, di Szczęsny, di Donnarumma, dei vari portieri beffati da quel gioco burlesco che porta il calcio indietro non solo nella storia europea ma allontanandolo dalla qualità più alta, quando l’Italia potè esibire i migliori portieri del mondo (a parte Yashin) da Albertosi a Zoff a Buffon?
Se è cronaca la prima caratteristica del gioco di Guardiola (la costruzione del gioco iniziava quasi sempre da dietro, con il tocco d’indirizzo del portiere, magari ripetuto a basso ritmo, e i difensori bravi a salire e ad impostare il gioco quasi come dei centrocampisti aggiunti) è storia quella del portiere ex tabaccaio che aveva un bel tocco di palla e non amava rimanere confinato tra i pali (per fortuna, perché non era lí che dava il meglio): era olandese, si chiamava Jan Jongbloed e non a caso Rinus Michels gli aveva dato la maglia numero 8.
Noi, vecchi catenacciari, lo battezzammo libero. Sí, parlo dell’Ajax di Crujiff, squadra degna di apparire accanto al Barça di Guardiola che lo stesso Johann anni prima aveva rivoluzionato e reso bello e potente. Possibile – mi chiedo – che oggi tanti Zero Tituli sí avventurino verso certe scelte senza avere la capacità di gestirle nè gli uomini cui affidarle? Per favore, torniamo a giocare a pallone.