Lo confesso. Sono davvero in un turbine di emozioni nello scrivere questo primo pezzo per RSS. Chi mi conosce bene sa che sono decenni che scrivo articoli – scientifici e non -, libri, tengo lezioni e seminari. E mi trovo a mio agio nella relazione con gli altri. Ma avere la possibilità di esplicitare e scrivere argomenti di cui sono competente ma anche quelli che mi appassionano da sempre, mi rende particolarmente euforico e questa nuova esperienza mi emoziona davvero tanto.
Nello scegliere l’argomento di questo primo contatto mi sono lasciato trasportare dall’attuale scenario planetario. I timori di dover abbandonare i nostri comodi divani occidentali, delle nostre calde pantofole dello spettatore, sono fondati. Stiamo per tuffarci in un’avventura dai contorni ancora indefiniti e questa volta non ci potrà soccorrere l’indifferenza. Oggi, 12 marzo 2025, si è scritta una brutta pagina di storia europea. La democrazia vacilla in tutto il pianeta e l’Europa cosa fa: si affida al riarmo e ai campi di deportazione per migranti. Non male come affermazione dei diritti e dei valori di pace, giustizia e diritti umani di questa Europa del terzo millennio. Oggi, di quale Europa stiamo parlando? Europa di pace o Europa di guerra? Europa che investe in armi tagliando il welfare? O Europa che investe in cooperazione tagliando le spese militari? La via militare nella storia è stata sempre un fallimento e l’evidenza dei fatti è lì a dimostrarlo.
Senza entrare in un dibattito sia italiano che europeo, dove la contraddizione la fa da padrona e gli schieramenti sono contrapposti senza possibilità di dialogo, mi voglio rifare al Manifesto di Ventotene. Il Manifesto di Ventotene, per un’Europa libera e unita, aveva l’obiettivo di liberare l’Europa, e progressivamente il pianeta, dalle guerre: “Quale sia il male profondo che mina la società europea è evidentissimo ormai per tutti: è la guerra totale moderna, preparata e condotta mediante l’impiego di tutte le energie sociali esistenti nei singoli paesi. Quando divampa, distrugge uomini e ricchezze; quando cova sotto le ceneri, opprime come un incubo logorante qualsiasi altra attività. Il pericolo permanente di conflitti armati tra popoli civili deve essere estirpato radicalmente se non si vuole che distrugga tutto ciò a cui si tiene di più”. (Altiero Spinelli in Stati Uniti d’Europa e le varie tendenze politiche, 1942).
Quindi, prima delle armi, bisognerebbe costruire l’Europa politica e dei diritti, continuare sulla strada dell’abbattimento dei confini e costruire ponti con l’esterno. Chiudersi in un castello alla ricerca del nemico di turno non permette uno sviluppo sociale e non migliora la vita dei cittadini europei. Non può essere una soluzione quella di aumentare le spese per le armi in ogni paese dell’Unione, senza un filo conduttore e un obiettivo comune. E la storia ci ha insegnato che dopo il riarmo indiscriminato è sempre seguita la guerra. La guerra che non è un fatto tecnico. È innanzitutto una visione politica e sociale, senza la quale nessuna guerra può essere definita. La qualità di questa spinta alla guerra è ben descritta anche dal piano contro i migranti e i profughi, che sono innanzitutto poveri senza luogo. L’umanità in eccesso, che avrà il “divieto di ingresso” e sarà incarcerata nei non luoghi, si accompagna all’umanità da eliminare con le guerre.
L’Europa deve rimanere uno spazio multinazionale capace di diventare una grande potenza di pace, che escluda la guerra dai propri strumenti politici e che utilizzi la sua grande capacità economica, scientifica e tecnologica per favorire il riequilibrio nella distribuzione delle opportunità e delle conoscenze tra i popoli. La pace è una conquista della politica che si costruisce nel tempo: sappiamo che c’è sempre un’alternativa da poter percorrere al fallimento totale della politica che è la guerra. L’Europa non può essere usata per giustificare la corsa e la spesa al riarmo ed alla guerra, ma per sostenere l’alternativa alle guerre ed alla prepotenza dei più forti, di chi vuole imporre la legge del più forte, dei ricatti, della supremazia. Vale per l’Ucraina, vale per la Palestina, vale per tutte le guerre che subiscono le popolazioni. L’Europa del futuro deve essere un’Europa di pace e di sicurezza condivisa e comune per tutti i popoli. Ne dovremmo essere tutti consapevoli. E indignarci se ci vogliono incamminare in un sentiero diverso e pericoloso. Come sosteneva Stephane Hessel, nel suo piccolo grande saggio “Indignatevi”: “L’indifferenza è il peggiore di tutti gli atteggiamenti”. O come sostiene in un grido accorato Papa Francesco “E’ troppo sognare che le armi tacciano e smettano di portare distruzione e morte?”.