Europa, culla della civiltà per alcuni e minaccia per altri. Ma i cittadini europei non si domano facilmente!
Liberation day. Giorno della liberazione. Per noi italiani (anche se non per tutti) è sempre stato il 25 aprile di cui quest’anno ricorrerà anche l’ottantesimo anniversario. Per Trump è il 2 aprile ed è il giorno in cui lancerà quella che sembra la sua più grande politica commerciale, i dazi reciproci. Sempre Trump dichiara, come il suo vice, che “gli europei sono dei parassiti”: non sopportano di dover salvare di nuovo l’Europa. Nel frattempo, l’Europa presenta il suo “kit di sopravvivenza” da usare in qualsiasi caso di calamità naturale e anche in caso di guerra.
Gli eventi sembrano davvero avere una velocità esagerata. “Presumibilmente succederà qualcosa”, ma “la parte difficile è cercare di capire cosa potrebbe essere esattamente”, hanno alzato le spalle anche gli economisti di UBS. E questo sembra decisamente inquietante. Questa inquietudine ci assale ancor di più se pensiamo a quanto accaduto pochi giorni fa quando alti funzionari del governo Trump, tra cui il vicepresidente JD Vance ed il segretario alla Difesa Pete Hegseth, stavano usando una app di messaggi cifrati, per discutere la strategia contro i ribelli Houthi nello Yemen, quando hanno capito che era stato aggiunto per errore, alla chat, un giornalista molto conosciuto, rendendo così accessibili ad una persona esterna al governo, delle informazioni sensibili. E questi signori hanno in mano le chiavi di accesso alla stanza dei bottoni delle testate nucleari!
Ma perché i vertici statunitensi ce l’hanno con l’Europa? L’idea negativa che hanno dell’Europa nasce principalmente da motivi economici dato che l’Unione Europea approfitterebbe degli Stati Uniti sul piano commerciale. In particolare, Trump sostiene che gli Stati Uniti importano molti più prodotti europei di quanti ne esportano. E così l’uomo che vorrebbe il Nobel per la Pace inizia una guerra commerciale dai risvolti ancora imprevedibili.
In questo contesto l’Europa “parassita” si trova davvero a un bivio: darsi un assetto politico consolidato o rischiare la scomparsa. Gli attacchi alla UE, esterni ed interni, sono quotidiani e occorre serrare le fila per continuare ad essere il vecchio continente proiettato nel futuro. Il termine Europa è stato coniato dal poeta greco Esiodo (VIII-VII secolo a.C.) e fu usato originariamente per indicare l’area in cui ebbe a svilupparsi la civiltà greca. L’Europa che noi oggi conosciamo è, non solo dal punto di vista geografico ed etnico, ma anche e soprattutto da quello culturale, religioso, sociale e politico, il frutto di una lunga e complessa vicenda storica, la quale ha visto i confini dello stesso continente subire variazioni di enorme importanza ancora ai nostri giorni.
Così, si gioca a Risiko e a Monopoli sulla nostra pelle ed è in atto, a livello planetario, un attacco allo stato di diritto, locale e internazionale. Inoltre, questo attacco commerciale americano nasconde un altro tormento: il confronto tra il welfare europeo e statunitense. Per esempio, un cittadino americano non ha un CUP (con tutti i suoi difetti e limiti) a cui rivolgersi. Le assicurazioni sono il simbolo delle disuguaglianze e ti abbandonano in caso di cronicità. E questo vale anche per la scuola, il diritto alla maternità, la previdenza. Mentre da noi è in corso lo smantellamento del Ssn a favore della sanità privata. Dovremmo perdere o ridimensionare notevolmente tutto ciò a favore di un indiscriminato aumento delle spese militari? Per favorire questo si sta provvedendo a una instillazione continua di dosi elevate di paura. Il nemico (quale?) ci troverà sprovvisti di un’adeguata difesa: “arrivano i nostri” non ci sarà più.
Allora meglio prepararsi a qualsiasi evenienza e dopo RearmUe arriva PreparUe: il piano per addestrare i cittadini europei a rispondere alle minacce e alle emergenze, alluvioni o bombardamenti che siano. L’Ue si sta preparando «per un ampio spettro di rischi e minacce, che comprendono disastri naturali e causati dall’uomo». Tra cui ci sono, nel lungo e circostanziato elenco: disastri naturali (inondazioni, incendi boschivi, terremoti e eventi meteorologici estremi), disastri causati dall’uomo (incidenti industriali, guasti tecnologici e pandemie), minacce ibride (attacchi informatici, campagne di disinformazione e manipolazione e interferenza delle informazioni da parte di Stati stranieri e sabotaggi delle infrastrutture critiche) e crisi geopolitiche. Le ultime, in particolare, comprendono «conflitti armati, inclusa la possibilità di aggressioni contro gli Stati membri». Inoltre, a diventare virale è stata la presentazione di un kit di sopravvivenza «per resistere almeno 72 ore a una crisi».
Il documento non dettaglia in che cosa consista esattamente il kit di sopravvivenza per le prime 72 ore di emergenza che i cittadini europei dovrebbero approntare nelle proprie case. Eccone, però, un esempio: occhiali da vista, documenti in una busta impermeabile, una torcia, fiammiferi o un accendino, una bottiglia d’acqua, un coltellino svizzero a più funzioni, farmaci, cibo e soldi contanti, un caricatore e una power bank, carte da gioco («perché un po’ di distrazione non fa male a nessuno») e persino una piccola radio.
Venendo al concreto dell’iniziativa, le strategie Ue verranno sviluppate con Linee guida ai Paesi da qui al 2027. Indicazioni sui kit arriveranno già nel 2026. Vari Stati Ue hanno già linee guida di emergenza, come la Francia. I piani di Svezia, Norvegia e Finlandia affrontano anche rischio bellici includendo compresse con ioduro di potassio per incidenti o attacchi nucleari. Nel vademecum della Svezia si parla anche di avere buoni rapporti con i vicini perché si potrebbe aver bisogno di relazioni umane in caso di emergenza (come se non fossero sempre auspicabili!). In Italia esiste da tempo una campagna di sensibilizzazione della Protezione Civile chiamata “Io non rischio” per informare la popolazione su come prepararsi in caso di situazioni di crisi. E tra le istruzioni c’è anche l’elenco degli oggetti da inserire in un kit d’emergenza.
“In caso di emergenza, potrebbe essere necessario allontanarsi in fretta dalla propria abitazione – si legge nel video pubblicato per la campagna della Protezione Civile – avere con sé tutto ciò che serve nelle prime ore fuori casa può aiutare ad affrontare meglio la situazione. Prepara subito un kit per te e per ogni componente della tua famiglia: personalizzalo con gli oggetti indispensabili alle tue esigenze, trova un punto della casa in cui collocarlo e fai in modo che sia facilmente raggiungibile da tutta la famiglia”. Questo scenario apocalittico racconta in maniera inequivocabile la crisi che stiamo attraversando.
Questa grande crisi ci ha riportato con i piedi per terra e ci ha messo di fronte a una serie di alternative: quella tra competizione e cooperazione, tra guerra e pace, tra nonviolenza e riarmo. Solo scelte più solidali impediranno il ritorno dei nazionalismi, la cancellazione dei diritti, la catastrofe sociale imposta dall’economia neoliberista, la morte della democrazia e il ritorno della guerra dalle nostre parti.
C’è bisogno, quindi, di “europei ribelli” che si oppongano a questa deriva planetaria. Per ribellarsi anche al concetto che l’Europa sia il male assoluto, riscoprendo e diffondendo i valori fondanti che hanno permesso a quattrocentocinquanta milioni di persone di creare una comunità e vivere quasi senza guerre per ottanta anni. Ormai sono diventati un imperativo urgente e una scelta esistenziale: riscoprire l’ideale europeo di federalismo cooperativo, egualitario e universale.
E concludo riprendendo le parole di Dietrich Bonhoeffer, da Resistenza e Resa del 1944: “Per voi pensare ed agire entreranno in un nuovo rapporto. Voi penserete solo ciò di cui dovrete assumervi la responsabilità agendo”. Una nuova forma di resistenza ai tempi presenti, che non deve limitarsi a vincere il presente, ma deve inventare il futuro. Il futuro di un’Europa libera, democratica, sociale, aperta, inclusiva.