All’interno del quartiere Trieste, ne sorge un altro molto più piccolo, chiamato con il nome dell’architetto che lo ha progettato, il quartiere Coppedè.
Gino Coppedè, classe 1866, nativo di Firenze, quando nel 1915 ricevette l’incarico per la progettazione di un nuovo quartiere in prossimità di piazza Buenos Aires, si era già fatto un nome con la costruzione di edifici importanti come: Castello Mackenzie e Castello Türcke.
Il suo stile, caratterizzato da un eclettismo legato all’utilizzo di elementi decorativi provenienti da stili e momenti storici diversi, era talmente riconoscibile che verrà coniata la definizione di stile Coppedè, fortemente presente anche nella progettazione del quartiere romano. Si accede al suo interno dall’arco dei Palazzi degli Ambasciatori, in cui visse anche Coppedè, dove ad accogliere i passanti ci pensa una piccola scultura di Maria con Gesù in braccio. I Palazzi sono caratterizzati da una serie di elementi decorativi, che spaziano da divinità pagane a cavalieri, dalla Medusa alla Vittoria alata, per non parlare della presenza anche di una citazione dantesca: “Esser dien sempre dei tuoi raggi duci”.
Passando sotto l’arco si nota sulla colonna a sinistra l’iscrizione Coppedè e l’anno della costruzione dei Palazzi degli Ambasciatori 1921. Alzando gli occhi non passa sicuramente inosservato il grande lampadario in ferro battuto, tipico dell’arredamento degli interni, utilizzato in questo caso per un esterno. Attraversato l’arco si giunge a Piazza Mincio in cui la Fontana delle Rane, di recente restauro, in cui è evidente il richiamo alla Fontana delle Tartarughe di Piazza Mattei, fa da perno alla piazza stessa. Questa fontana è ricordata non solo per la sua bellezza, ma anche perché nell’estate del 1965 i Beatles ci fecero il bagno.
Intorno alla Fontana si ergono i palazzi più interessanti: il Palazzo del Ragno, che è un omaggio al concetto del lavoro, che si evince dal ragno che tesse la sua tela e dalle iscrizioni in latino; il Palazzo al civico 2, il cui ingresso è una riproduzione di una scenografia del film muto Cabiria di Giovanni Pastrore; infine il Villino delle Fate, con la sua straordinaria decorazione pittorica, che omaggia: Firenze con la presenza di Dante e Petrarca ed una panoramica della città con i suoi monumenti simbolo, come la cupola del Brunelleschi e Palazzo Vecchio; Venezia con il leone di San Marco, visibile sul lato che affaccia su via Brenta; Roma con la Lupa che allatta Romolo e Remo.
Proseguendo nelle strade del quartiere si può notare come tutti gli edifici progettati da Coppedè presentino una grande cura nei dettagli architettonici e decorativi, resa possibile grazie alla collaborazione con lo scultore Giovannetti, il pittore Degli Innocenti e l’architetto Paolo Emilio Andrè. Ad ogni simbolo presente sulle costruzioni si potrebbe attribuire un significato legato alla mitologia, al mondo pagano o cristiano, che è uno dei motivi che rende questo posto così attraente per i visitatori.
Non solo gli esterni sono straordinari, ma grande cura era stata riservata anche agli interni: soffitti a cassettoni, pareti dipinte, mosaici nei bagni, bellezza unita a quei confort che avrebbero reso gli ambienti adatti ad ospitare famiglie dell’alta borghesia.
Coppedè purtroppo non vedrà mai la fine dei lavori poiché morirà nel 1927. Sarà Paolo Emilio Andrè, che aveva seguito il progetto sin dall’inizio, a subentrare portandoli a compimento.
Negli anni successivi il quartiere è stato scelto più volte come set cinematografico, tra i film più celebri si ricordano: Inferno e L’Uccello dalle piume di cristallo di Dario Argento e Il presagio di Richard Donner, a testimonianza di quanto questo posto sia suggestivo e di impatto visivo.
Attualmente diversi villini e palazzine sono sedi di Ambasciate o uffici importanti, a riprova del prestigio che caratterizza il quartiere più ricco di simboli che a Roma sia stato mai costruito.
Rubrica a cura di: www.bellaroma.info