Virgo, vidua et mater, cioè vergine, vedova e madre: questi erano i ruoli ammessi per la donna durante il Medioevo. Dall’800 in poi, le battaglie femministe hanno portato ad allargare il perimetro dei diritti e dei ruoli della donna nella nostra società, soprattutto quella Occidentale, arrivando ad un’equità formale rispetto all’uomo nella politica e nelle imprese. Infatti, prendendo il caso dell’Italia, nonostante ad oggi qualsiasi discriminazione di genere sia difatti vietata, permangono, ad esempio, informali e inaccettabili squilibri salariali tra uomo e donna.
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Genere e rappresentanza in Italia
I vari governi dello ‘stivale’ hanno cercato di mettere una toppa alle disuguaglianze di genere, soprattutto con riguardo alla rappresentanza nei posti di comando, attraverso: a) l’inserimento delle c.d. doppie preferenze di genere in talune elezioni ammnistrative (come già da tempo per la Regione Lazio) e b) l’obbligo di eleggere almeno 1/3 degli amministratori negli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate ad espressione del genere meno rappresentato (solitamente quello femminile). Alcuni effetti di queste misure si possono già rilevare: un dossier dell’Anci datato 2019 indica che la rappresentanza femminile nei consigli comunali italiani (considerando vari ruoli) sta tra il 30% e il 40%, mentre un report del 2019 di Credit Suisse colloca l’Italia al quinto posto (su un campione di circa 40 Paesi) per presenza di donne nei Consigli di Amministrazione (CdA). Questi dati, però, non rispondono alla domanda principale e che dovrebbe interessare tutti: avere più donne ai posti di potere porta dei benefici?
Donne in politica
Nell’ambito politico, uno studio americano di qualche tempo fa aveva dimostrato come le donne facenti parte della Camera dei Rappresentanti negli Stati Uniti avessero la stessa efficacia legislativa degli uomini. Una ricerca tricolore, invece, ha indagato se il genere dei candidati eletti influenzasse i risultati politici a livello comunale. In particolare, attraverso le analisi delle elezioni amministrative italiane dal 1991 al 2009, con dovuta considerazione dell’introduzione delle quote di genere, si è trovato che: la presenza di un maggior numero di donne nelle case comunali non porta a una migliore qualità della vita; tuttavia, porterebbe a maggiori politiche a favore delle donne e famiglie e alla nomina di un minore numero di assessori (che non ha per forza un connotato positivo). In tempi di pandemia, infine, alcuni recenti studi (1, 2) hanno evidenziato come la presenza di donne al potere dei governi non abbia portato a gestioni più efficaci della pandemia. Ovviamente, esistono altri studi che cercano di dimostrare l’influenza positiva delle donne al potere, come ad esempio negli interventi militari umanitari.
Donne nelle imprese
In merito alla presenza delle donne nei CdA, due studi (1, 2) che hanno analizzato (cumulativamente) più di 200 ricerche sull’influenza delle donne in termini di performance d’impresa riportano che: esiste un piccolo effetto positivo della presenza delle donne in termini di maggiori profitti, ma, esiste anche un effetto negativo in termini di valorizzazione delle imprese sul mercato. Questi risultati migliorano quando lo Stato e/o gli azionisti proteggono, attraverso leggi e cultura d’impresa, la diversità di genere.
Donne e uomini diversi, ma ancor prima competenti
In sintesi: non c’è unanime supporto scientifico all’asserzione che le donne portino benefici se collocate nelle posizioni di potere. Non esiste nessun ‘tocco magico’. Secondo lo scrivente, per una società migliore abbiamo bisogno di processi decisionali migliori. E per arrivare a scelte superiori abbiamo bisogno di competenza, non di una particolare caratteristica socio-demografica. C’è anche necessità di diversità di visione dello stesso problema per arrivare a decisioni più vantaggiose, la quale non si ricava dalla diversità di pelle o di altri attributi fisici della persona (un italiano e un brasiliano possono avere la stessa personalità, interpretazione degli eventi e agire in maniera similare).
Essere donna, uomo, anziano, giovane, svizzero o bengalese non significa essere competenti; seppur ce ne fosse bisogno di affermarlo nell’anno domini 2021. Ciò non toglie che non si debba continuare a lottare strenuamente per l’uguaglianza dei diritti dell’essere umano – andando oltre il genere; questo è necessario e imprescindibile per tutte le società.
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