Dall’11 febbraio al 2 giugno 2020 il Palazzo delle Esposizioni di Roma ospiterà la mostra Jim Dine. Oltre 60 opere datate dal 1959 al 2016, provenienti da collezioni private e pubbliche, tra queste ultime il Museo di Ca’ Pesaro Venezia e il MART, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto (entrambi questi musei prestano opere della collezione Sonnabend), il Louisiana Museum of Modern Art a Humlebaek in Danimarca, il Kunstmuseum Liechtenstein a Vaduz, europee ed americane, saranno organizzate in un percorso iconografico in grado di restituire la memoria visiva dei celebri happenings. A corredo una selezione di video interviste che permetteranno la conoscenza della personalità dell’artista americano.
Nato nel 1935 a Cincinnati, nello stato dell’Ohio, Jim Dine si trasferisce a New York alla fine degli anni Cinquanta. Negli anni 60, nei luoghi ormai mitici della Judson Church e della Rueben Gallery, realizza i suoi memorabili happening che lo rivelano una delle presenze più incisive e radicali della giovane arte americana. Subito dopo, come dichiara lo stesso artista in un ricordo inedito raccolto per la mostra romana, “ho voltato le spalle a quel mondo delle performance, volevo impegnarmi nel mio lavoro di pittore e di scultore”.
Ai primi anni Sessanta risalgono le opere con gli indumenti e con gli utensili da lavoro, vere e proprie icone della cultura visiva contemporanea: martelli, seghe, vanghe, asce, ma anche tavolozze, pennelli, spatole da pittore e scalpelli da scultore, così come accappatoi, cravatte, scarpe, bretelle. Un inventario circoscritto di cose che costituiscono il suo personale lessico ricco di valenze autobiografiche.
La sua è una biografia artistica costellata da importati riconoscimenti e da forti legami con l’Europa. Nel 1964 è stato tra gli artisti invitati nella celeberrima mostra del Padiglione americano alla Biennale di Venezia, che sancì nel mondo l’affermazione della Pop Art. Nel 1970 il Whitney Museum di New York ha ordinato la sua prima mostra retrospettiva. A questa sono seguite numerose altre mostre monografiche nei musei di tutto il mondo, come quella ospitata nel 1999 al Solomon R. Guggenheim Museum di New York e, in anni più recenti, quelle organizzate alla National Gallery of Art di Washington (2004), all’Albertina di Vienna (2016) e al Centre Georges Pompidou di Parigi (2018). Dine vive attualmente tra Parigi e lo stato di Washington.
La mostra di Roma è realizzata grazie alla stretta collaborazione con l’artista e curata da Daniela Lancioni, curatrice senior dell’Azienda Speciale Palaexpo. All’ingresso una biografia dell’artista stampata sul muro e corredata da una selezione di documenti. I suoi contenuti potranno essere acquisiti grazie a un QR code e potranno accompagnare i visitatori e le visitatrici durante l’intero percorso della mostra che sarà ordinato secondo un criterio prevalentemente cronologico.
Nonostante la sua popolarità, Jim Dine rimane un artista difficilmente catalogabile in virtù soprattutto della sua volontà d’indipendenza e del suo rifiuto a identificarsi nelle categorie della critica, della storia dell’arte e del mercato. Sono esemplari l’autonomia e la libertà con le quali da sempre si rapporta al panorama dei valori accertati. Lo dimostrano le sue vicende biografiche e i suoi lavori tenacemente aderenti alle esperienze vissute, “ineducati” e “inquietanti”, come talvolta sono stati definiti.