È morta Franca Valeri: il mondo dello spettacolo perde un forte riferimento
Si è spenta nella sua casa di Roma questa mattina, 9 agosto 2020, Franca Valeri, nome d’arte di Alma Franca Maria Norsa, nata cento anni fa, il 31 luglio del 1920 a Milano.
Poliedrica artista, grande osservatrice e precorritrice dei tempi, un’anticonformista raffinata. Ha sorriso dei difetti degli italiani trasformandoli in personaggi assolutamente verosimili e “sempreverdi”. È stata in grado di incarnare la “Signorina Snob” della borghesia del Boom economico e la “Sora Cecioni”, una signora della Roma popolare sempre a spettegolare al telefono con mammà del più e del meno, mentre le famiglie italiane attraversavano la Storia, tra guai e momenti più leggeri.
Franca Valeri ha potuto vantare collaborazioni con Fellini, Totò, Sordi, Bramieri, Stoppa e moltissimi altri.
Nel 2020, a cento anni, ha ritirato il Premio alla Carriera ai David Di Donatello.
Ammirata da alcuni dei massimi esponenti dell’Esistenzialismo francese, come Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir, la Valeri è stata un vero vanto per un’Italia ancorata ai canoni della donna vista – sui palchi, sui set e sugli schermi – solo come “bella presenza”, fendendo, con il suo umorismo lucido e preciso, la linea che divideva (e ancora divide) la bellezza dall’intelletto.
Il Paese non le ha risparmiato, in gioventù, profondi dispiaceri a partire dalle Leggi Razziali del ’38 quando ha visto la propria famiglia separarsi sotto la minaccia nazi-fascista, essendo di origine ebraica. Suo padre Luigi, ebreo, ha dovuto lasciare l’Italia per rifugiarsi in Svizzera con l’altro figlio, mentre Franca rimaneva a Milano con la madre Cecilia Valagotti, cattolica, grazie a documenti falsi, fino al 25 aprile del ’45. Durante la Seconda Guerra Mondiale ha stretto amicizia con Camilla Cederna, che, negli anni a venire, diventerà la nota e influente giornalista che conosciamo. Il nome d’arte “Valeri” con cui l’abbiamo conosciuta, invece, glielo ha proposto una sua cara amica – Silvana Mauri – agli esordi della carriera e deriva non altro che da Paul Valery, scrittore, poeta e filosofo francese morto alla fine del conflitto.
Uscita da quel lungo periodo buio della sua vita, si è dedicata completamente al Teatro, alla Tv e al Cinema, lasciando per sempre un segno indelebile in tutti e tre i campi, sia come attrice, sia come autrice. Suo è stato, infatti, il “Segno di Venere”, nota pellicola la cui sceneggiatura è stata scritta insieme a Ennio Flaiano e Dino Risi, in collaborazione con Cesare Zavattini e il cui soggetto è stato sviluppato con Anton e Comencini. Nel film la Valeri è una giovane milanese sognatrice, “bruttina” e poco formosa (Cesira), cugina della prosperosa ragazza del sud, Agnese (Sofia Loren). Nei ruoli maschili troviamo: l’indimenticabile Alberto Sordi, un traffichino locale con la coscienza sporca, il grande Peppino De Filippo nei panni di un fotografo non attratto da Cesira, ma innamorato della bella cugina napoletana, l’uomo adulto “approfittatore seriale” Vittorio De Sica e gli “zii” delle due ragazze, gli immensi Tina Pica e Virgilio Riento.
Il grande schermo, però, l’ha consacrata nel ’59 con “Il Vedovo” – pellicola che non ha bisogno di presentazioni – nel ruolo di una moglie miliardaria (Elvira) al fianco di Alberto Sordi (il “cretinetti”), nella parte di un marito povero con il pallino degli ascensori i cui progetti ingegneristici, affidati a un’equipe di “incompetenti” che lo portano sul lastrico, hanno bisogno di finanziamenti che solo la firma della moglie ricca può fargli erogare. Il resto è da vedere.
Ancora due pellicole da non perdere, che la vedono tra i protagonisti, sono state: “Crimen”, un noir diretto da Mario Camerini (1961) il cui cast era formato da Vittorio Gassman, Silvana Mangano, Alberto Sordi, Nino Manfredi, Bernard Blier, Dorian Gray e Sylva Koscina e “Piccola Posta” (regia di Steno, 1955), anche qui con Alberto Sordi.
«La comicità non è un dono di natura: è un lavoro del cervello!» diceva di sé con quel distacco solo apparente di una donna molto spesso considerata snob, caratteristica negativa confusa, dai più, con la sua ironia garbata e discreta.
Cultura, genialità, sete di conoscenza e innovazione, guadagnano spazio nella mente di Franca Valeri, stimolata, fin da bambina, ad approcciarsi al Teatro di Prosa grazie a sua madre Cecilia per poi scoprirsi amante di quello Operistico in giovane età.
Ha avuto una figlia che oggi ha 53 anni, adottata in età adulta nel 2004: il suo nome è Stefania Bonfadelli, cantante lirica e regista, un soprano di talento e fama mondiale, quello che la madre ha definito “un vero prodigio”.
La figlia oggi ha dichiarato alla stampa che la mamma avrebbe preferito una donazione in favore della Onlus Associazione Animalista “Franca Valeri”, per i cani abbandonati, al posto di un fiore per la sua morte.
È stata così Franca Valeri, una persona e artista d’avanguardia, emancipata di natura nel difficile mondo della prevaricazione maschile; una donna che pur non essendo seconda in bellezza, ha scelto di bucare palchi e schermi agitando il cervello anziché il corpo, in un panorama di attrici e soubrette sempre a caccia di una ribalta, di copertine e prime pagine, mostrando solo o per prime le proprie “forme”; una persona e un’artista d’intelletto e genialità nella giungla delle priorità sbagliate.
Per questi 100 anni di stimoli e preziosi insegnamenti involontari, ci sarebbe ancora molto e molto altro da raccontare, ma per il momento salutiamo questo secolo di esempi con un semplice “Grazie!”.
La Camera Ardente sarà allestita al Teatro Argentina, a Roma, lunedì 10 agosto 2020, dalle ore 17:00 alle ore 20:00 per un ultimo saluto all’artista prima delle esequie che si svolgeranno in forma privata.
[FRANCA VALERI, Milano 31/07/1920 – Roma 09/08/2020, cento anni di grandezza]
Articolo di Giada Ferri