Un artista, un filosofo, un provocatore: un viaggio nell’eredità di Gaber attraverso il documentario di Riccardo Milani
“Non ci sentiamo italiani, ma per fortuna o purtroppo lo siamo.” È questa la domanda che attanaglia l’anima italiana e che ha portato il regista Riccardo Milani a creare un documentario su uno degli artisti più poliedrici e sfuggenti del panorama italiano: Giorgio Gaber.
Il film ci offre un mosaico di interviste e di spezzoni di esibizioni: da figli, nipoti e amici, fino a figure pubbliche del calibro di Jovanotti, Ivano Fossati e persino politici come Mario Capanna e Pier Luigi Bersani. Ogni tassello contribuisce a disegnare il ritratto di un uomo che è stato insieme cantautore, attore, filosofo e agitatore culturale.
Nel corso della sua carriera, Gaber è passato dall’essere il “re del varietà” ad assumere un ruolo chiave nel teatro canzone, con un’attenzione sempre rivolta ai problemi sociali e politici del suo tempo. Gaber ha saputo evolversi, da icona della televisione degli anni ’60 a cantautore e teatrante di profondità, diventando una figura capace di influenzare l’opinione pubblica senza mai essere schiavo delle ideologie.
Sua nipote sottolinea come Gaber avrebbe potuto “mettere in musica l’elenco del telefono”. Il suo utilizzo della parola era tanto preciso quanto potente. Gaber sapeva che ogni sua canzone aveva “uno spazio di incidenza”, una volontà di intervenire sulla realtà. La sua musica e i suoi spettacoli erano un grido di ribellione contro il conformismo e una difesa strenua dell’autonomia di pensiero.
Francesco Centorame parla di Gaber come di una figura che “si contraddice”, una qualità non negativa, ma indicativa della sua costante evoluzione. “La verità ferma è misticismo, il movimento è la mia storia, non la staticità”, diceva Gaber, sottolineando la sua ricerca continua e la sua insoddisfazione per qualsiasi forma di certezza assoluta.
Se c’è una critica da muovere al documentario di Milani, potrebbe essere la sua lunghezza, forse eccessiva per l’attenzione frettolosa del pubblico di oggi. Ma come osserva Paolo Jannacci, Gaber è una figura così complessa e sfaccettata che merita ogni minuto dedicatole. Milani ci invita, in ultima analisi, a “tenercelo dentro l’anima” questo gigante della cultura italiana, e a non lasciarlo scappare via.
In un’Italia sempre più alla ricerca di sé stessa, l’eredità di Giorgio Gaber rimane più attuale che mai, un faro nella notte per chiunque aspiri a una comprensione più profonda del nostro complesso tessuto sociale e culturale.