Nato ai bordi di periferia non è solamente il testo di una canzone. E’ una realtà che accomuna tanti cantanti romani vissuti in luoghi difficili.
Terminata la serata scintillante dei duetti alla 73^ edizione di Sanremo, con ospiti esterni che si sono aggiunti ai cantanti in gara, ospiti provenienti da qualsiasi stile musicale, da generazioni vicine e lontane, talvolta da mondi completamente diversi, eppure tutti amalgamati in uno show che sembra essere, finale del festival a parte, la serata più importante, quella che tralascia la tensione della gara, quella che davvero mette in luce le potenzialità di ogni artista.
La serata dei duetti c’è quasi da sempre nel festival, una formula già sperimentata negli anni ’60, rivitalizzata poi, dalle edizioni condotte da Paolo Bonolis, e da Fabio Fazio, ripresentare quella serata che una volta riusciva a mettere assieme improbabili ospiti internazionali al fianco dei cantanti di casa nostra. Ray Charles con Toto Cutugno per fare un esempio passato, ma ancora prima Louis Armstrong, José Feliciano e tanti altri rappresentanti storici della musica mondiale.
L’edizione 2023, pur non accostando realmente grandi nomi internazionali, riesce comunque a proporre interessanti intrecci musicali che spaziano nei repertori talvolta sanremesi, talvolta internazionali.
L’interesse principale lo ha portato lo scontro generazionale tra due cantanti uniti da un duetto: Eros Ramazzotti ed Ultimo sul palco, due epoche diverse di Roma, ma con il filo comune della rappresentatività della capitale sul palco della città dei fiori. Eppure a ben guardare non è l’unico filo comune che lega i due artisti tra loro. E’ la periferia romana il filo conduttore principale. il quartiere di cinecittà degli anni ’80, quello di una generazione devastata dall’eroina, è stato la musa ispiratrice di colui che è nato in quei bordi di periferia, colui che proprio dalle assi del palco di Sanremo ha spiccato il volo artistico, una cinecittà così lontana da Roma, unita al resto del mondo capitolino dalla metro A, un quartiere così densamente popolato, allora come oggi, da sembrare una città nella città.
La San Basilio di Niccolò Moriconi (vero nome di Ultimo), quella di oggi, è ugualmente relegata dalle cronache giornalistiche come un regno a parte, un fortino quasi inavvicinabile ed impenetrabile dove la malavita regna incontrastata. Eppure San Basilio non è solo quella letta nei trafiletti dei quotidiani. San Basilio non è una città nella città come la tuscolana ed il quadrante est. San Basilio è un grande paese dove, per carità, è vero che la malavita si muove agevolmente, ma è anche un luogo in cui, con le proprie regole da imparare e rispettare, ci sono ancora quei sentimenti che legano tra loro le persone per bene.
Un posto dove ci si conosce tutti, e ci sono ancora per far un esempio, il vecchietto che la mattina va a passare il tempo sulla panchina o a chiacchierare al bar, la mamma con il bambino nel parco sotto le case popolari tutte uguali, la gente che va al lavoro dalla mattina alla sera, e, sì, anche lo spacciatore all’angolo della strada in attesa del prossimo cliente o il gruppo organizzato malavitoso. Un posto di umanità e contraddizioni, un luogo vivo con scene di vita vissuta e scene di dolore, luoghi dove il bullo è bullo, ma anche dove ci sono i sentimenti veraci, e ci piace pensarla come l’evoluzione odierna di una trastevere dell’800 dove le ‘puncicate’ erano all’ordine del giorno dove era facile tirare fuori il coltello, ma era anche facile raccontare storie d’amore come quelle di Rugantino non sempre con un lieto fine.
Periferie difficili nella vita di tutti i giorni, difficili da mettere a paragone in base agli anni che raccontiamo, dove sicuramente nel corso del tempo sono stati anche differenti mediamente (e qui generalizziamo) i ceti sociali che le vivono ed hanno vissuto in queste due periferie. Tuscolana e cinecittà negli anni ’80 con una piccola borghesia in gran parte impiegatizia, San Basilio sicuramente più difficile da inquadrare ai giorni nostri forse anche a causa dell’aumento del tasso di occupazione giovanile che attanaglia gli ultimi decenni.
Ma è anche vero che forse sono proprio queste periferie difficili a consentire le ispirazioni artistiche, le voglie di rilancio di coloro che non vogliono cedere alle sostanze psicotrope o a stili di vita fatti di espedienti e sotterfugi, che non cadono nell’oblio depressivo senza risposte della routine giornaliera del ‘non so cosa fare oggi‘ e del ‘come posso svortare facilmente“, e l’arte musicale sembra essere uno degli appigli per uscirne fuori, oggi come allora, e soprattutto un sostegno in cui credere fortemente, del dare tutto sé stessi con la stessa forza che consente di non essere trascinati, o in alcuni casi passati del volerne uscire fuori, da situazioni comunque difficili.
Uno accanto all’altro Eros e Niccolò si sono passati questo testimone in un palco, un passaggio del successo, un affidamento del messaggio musicale tra due persone che riempiono gli stadi di giovani, e nel caso di Ramazzotti anche di meno giovani nostalgici di quei ‘vuoti’ anni ’80.
E quando ieri sera Ramazzotti ha incespicato dimenticando le parole della sua canzone è immediatamente arrivato Ultimo ad offrire la sua spalla, a coprire quel micro secondo di vuoto che poteva sembrare eterno ma che è stato riempito con un sorriso, ricambiato con una strizzata di occhi a dire grazie senza eclatanti effusioni o salamelecchi. Perché nelle periferie ci si aiuta sempre dal cuore, senza ferire l’orgoglio, senza dover ricambiare agli occhi di tutti. E’ un “grazie” ed un “prego” che vengono da dentro, perché nella vita è così che si fa, senza troppe parole, senza farlo pesare, senza rappresentazioni plateali di cui vantarsi con gli amici. Chi ha bisogno di aiuto va aiutato. Punto.
Eros Ramazzotti e Ultimo solamente? No, sul palco di Sanremo ieri anche Elodie, il cui personaggio è in costante crescita nell’apprezzamento da tanti. Innanzitutto bravissima nel cantare, sicuramente trasgressiva nel modo di muoversi e di presentarsi al pubblico, la crescita artistica di questa ragazza nata nella borgata di Quartaccio comprende non solo il lato musicale, avendo già debuttato anche nel mondo del cinema come attrice protagonista nel film Ti mangio il cuore
Non vogliamo cadere nell’apprezzamento soggettivo della bellezza fisica proprio perché i canoni sono squisitamente soggettivi, ma indubbiamente Elodie, con alle spalle una infanzia difficile ha saputo emergere anche lei dalla vita difficile grazie alle sue doti che l’hanno portata via dalla difficoltà fino ad atterrare con successo nei talent televisivi per giungere al debutto a Sanremo nel 2017 e tanto tanto altro.
Ma sono indubbiamente tanti gli artisti provenienti dalle borgate romane (o quelle che prima erano considerate borgate prima dell’espansione edilizia di Roma degli ultimi decenni) che hanno calpestato il palco del Cinema Ariston di Sanremo: da Achille Lauro, nato a Verona, ma cresciuto tra Serpentara e Borgata Fidene a Rancore del Tufello e poi ancora Fasma, romano, ma ha sempre abitato nelle zone centrali di Roma, era in duetto ieri con Mr. Rain, Fabrizio Moro, anche lui di San Basilio, Noemi del quartiere Eur, Leo Gassman anche lui di una delle più rappresentati zone romane come il 13° rione di Roma: Trastevere. Ed infine Yuman, pseudonimo di Yuri Santos Tavares Carloia di origini capoverdiane che è vissuto in zona Cassia. Presenti anche Michele Zarrillo cresciuto nella zona di Alessandrino e Giorgia in zona Appia. Discorso a parte per Lorella Cuccarini, soubrette anche cantante ma non in via esclusiva.
Infine come non accennare ma solo per dovere di cronaca la band che attualmente rappresenta la musica rock nel mondo: i Måneskin, in cui solo il batterista, Ethan Torchio, proviene da fuori Roma, mentre Victoria De Angelis e Thomas Raggi, provengono dal quartiere “d’elite” Monteverde, mentre discorso a parte per Damiano che proviene da un’altra zona periferica come Bravetta.