Maurizio Montanesi oggi avrebbe spento 75 candeline.
Lo storico ingegnere del suono o, come amava definirsi, semplicemente fonico, tanti anni alla guida dei mixer della RCA, ha dato alla musica italiana il sound, il fascino, il carattere, producendo quegli album e quelle canzoni che tutti cantiamo e amiamo.
Ha lavorato con il rock di Ivan Graziani, dando i suoni a canzoni come Lugano Addio, Agnese, Maledette Malelingue, curandone magistralmente le aggressioni elettriche dei suoi riff e la morbidezza cristallina delle pennate acustiche, elaborando la frequenza in perfetta sintonia con la sua voce unica.
Ha osato con la trasgressione glam di Renato Zero e, solo per citarne alcune, ha caratterizzato Il Triangolo, Mi vendo, Il carrozzone, Il cielo.
Ha ammorbidito la poetica politicizzata del De Gregori anni ’70, l’urlo e il pathos di Cocciante, gestito la sensualità retrò di Patty Pravo e quella più noise di Anna Oxa e appoggiato la rivolta contaminata, visualizzata e soprattutto intrappolata nel nonsense di Rino Gaetano, con Gianna, Berta Filava, Aida, Mio fratello è figlio unico, dando il magnetismo sonoro alla struttura armonica e valorizzandone gli arrangiamenti; ne è un esempio il pianoforte protagonista e cadenzato de Il cielo è sempre più blu.
Con Lucio Dalla – che scherzosamente lo chiamava “Monti” – ha realizzato Come è profondo il mare, La sera dei miracoli e altre perle musicali.
Con Stefano Rosso ha puntualizzato gli schemi analogici folk e trasteverini, con Goran Kuzminac, Mimmo Locasciulli e Mario Castelnuovo, quella poetica del pop d’autore anni ’80, meglio sintetizzata con i lavori di Mike Francis ed Amii Stewart.
Con Amedeo Minghi ha sottolineato i versi di Pasquale Panella, velando tappeti di archi mai in conflitto con la ritmica, così come nella produzione di Mietta; ha evidenziato le allegorie bizzarre e innovative dei Pandemonium; ha lavorato per la voce nella commedia “Gaetanaccio” di Gigi Proietti.
Con Antonello Venditti ha esaltato le frequenze dei bassi e della composizione strutturale, facendone uscire la vocalità e la dimensione strumentale, dove gli archi fungono da melodia originale in contrapposizione a quella cantata.
Con Roberto Ciotti ha fatto emergere suoni blues e mediterranei; con gli Alunni del Sole quella poetica partenopea e popolare.
Ha lavorato con il beat di Gianni Morandi, con il rock and roll di Little Tony, Enrico Ciacci e Rita Pavone, passando per il Premio Oscar del Maestro Ennio Morricone.
Si è concesso, negli anni, produzioni, esperimenti e scommesse su nuovi talenti come il cantautore e chitarrista Patrizio Maria – già prodotto giovanissimo da Ivan Graziani – e sua “mina vagante”, come egli stesso amava definirlo.
Maurizio Montanesi è stato il suono di quella musica che aveva a che fare con il cuore e con la vita. Era umile e schietto, verace e sorridente. Nascondeva il suo sorriso dietro quella sigaretta morbida che gli velava una timidezza gentile e vera.
È stato e continuerà ad essere un patrimonio del suono e della sperimentazione musicale, un punto fermo con un marchio di riconoscimento unico e raro.
Montanesi è stato il “musicista” trasparente, quello che ti cambia la giornata, la canzone, la vita.