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Per quattro mesi rivive il Folkstudio nel cuore di Roma: al via “Stanze Polverose”

Torna il Folk studio per sette serate d'autore
Dal 7 febbraio, “Stanze Polverose” sarà il laboratorio creativo che risveglierà in chiunque vi partecipi l’emozione di sentire la musica che fa vibrare il cuore. Con il Folkstudio nel cuore di Roma, sarà come tornare indietro nel tempo, rievocando le atmosfere di un’epoca che nonostante le sfide del presente vive ancora nella memoria musicale della città.

Dal 7 febbraio all’Antica Stamperia Rubattino, 20 appuntamenti gratuiti fra canzone d’autore, jazz, folk e incontri.

C’era una volta un locale con i sacchi di juta appesi al soffitto, l’odore di sudore, muffa e polvere addosso, lo stesso che si respirava in tante salette di registrazione dove la passione per la musica covava instancabile, pronta a esplodere in una scarica di note e parole. Quello era il Folkstudio, storico tempio romano della musica e della canzone d’autore. Per quarant’anni, tra via Garibaldi, via Sacchi e via degli Annibaldi/via Frangipane, ha visto nascere talenti destinati a segnare la storia della musica italiana e internazionale, da Bob Dylan a Francesco De Gregori, da Toquinho a Rosa Balistreri, passando per Antonello Venditti, Francesco Guccini, Piero Ciampi e tantissimi altri.

Oggi, a distanza di decenni, quel mito rivive: dal 7 febbraio fino a giugno, l’atmosfera intensa e genuina del Folkstudio sarà celebrata con la rassegna “Stanze Polverose”, organizzata da “Sopra c’è gente” in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura di Roma Capitale e con l’Archivio Folkstudio della Discoteca di Stato. Venti appuntamenti a ingresso gratuito, ospitati all’Antica Stamperia Rubattino, nel quartiere Testaccio, dove è ancora custodita la campana che dal 1961 dava il via ai concerti: la stessa che aprì le esibizioni di Dylan, di Simone Cristicchi e di innumerevoli altri artisti.

L’obiettivo è quello di riproporre, con spirito moderno, lo stesso clima di fervida creatività che per quattro decenni si respirava dietro le porte del Folkstudio. Non mancheranno serate dedicate alla canzone d’autore, al jazz e al folk; ma ci saranno anche talk, incontri e momenti di ricordo, esattamente come accadeva un tempo, quando nel locale di Giancarlo Cesaroni si alternavano musicisti professionisti e nuovi talenti alla ricerca di un palcoscenico attento e curioso.

L’anima di questo cartellone è racchiusa nelle parole di Luciano Ceri, giornalista musicale e scrittore, che nel libretto di presentazione sottolinea come il Folkstudio fosse luogo di inclusione, dove contavano soprattutto la qualità delle proposte e la volontà di offrire spazio agli esordienti, spesso esclusi dai circuiti di spettacolo tradizionali. Uno dei momenti clou della rassegna sarà infatti la serata finale, dal titolo “Chiedi cos’era il Folkstudio – Serata di ospiti, racconti, canzoni, fiori falsi e sogni veri” a cura di Enrico Deregibus, durante la quale verranno assegnati i riconoscimenti “Stanze polverose 2025”: il Premio Folkstudio Giovani per gli emergenti e il Premio Folkstudio Stanze Polverose per gli artisti già affermati.

Non mancheranno poi due speciali appuntamenti con gli “storici” del locale romano, a cura di Grazia Di Michele, Ernesto Bassignano ed Edoardo De Angelis, simboli di un’epoca in cui “fare musica” significava anche condividere e contaminarsi a vicenda. Nel percorso, si riascolteranno aneddoti e memorie come quelle di Andrea Carpi, giornalista, chitarrista ed etnomusicologo, che ricorda di aver incontrato proprio al Folkstudio figure come Harold Bradley, Archie Savage, Clebert Ford, i fratelli Hawkins e la folksinger Janet Smith, fautrice di memorabili laboratori gratuiti di chitarra, nei quali germogliarono talenti come Luigi “Grechi” De Gregori.

Ritornare a quei suoni e a quelle “stanze polverose” significa, in fondo, riappropriarsi di un modo genuino di concepire l’arte, lontano dalle logiche di rapida fruizione di playlist e dall’onnipresente autotune. Dal 7 febbraio, per quattro mesi, all’Antica Stamperia Rubattino ci si potrà immergere in quell’atmosfera unica: i “sacchi di juta” ideali torneranno a pendere dal soffitto, l’odore di sudore misto a polvere aleggerà fra microfoni e strumenti, e chiunque vorrà potrà scoprire (o riscoprire) come sia nato e cresciuto un pezzo importante della storia musicale italiana. Un’occasione, insomma, per ritrovare quell’energia collettiva e creativa che fu la vera anima del Folkstudio e di tutti i suoi straordinari protagonisti.