Nell’ardente sfera politico-sociale, emerge una voce potente e straziante attraverso l’arte cinematografica: Michele Riondino. Con il suo debutto registico, “Palazzina LAF”, l’attore e attivista si tuffa negli abissi oscuri dell’Ilva di Taranto, raccontando con rabbia e passione una delle pagine più dolorose della storia operaia italiana.
“Palazzina LAF”, che vedrà la luce nelle sale cinematografiche il 30 novembre, è ben più di un film: è un grido di denuncia, un atto d’accusa vibrante e un tributo emozionante alle vite segnate dalle tragedie del lavoro nell’acciaieria. Riondino non si limita a dirigere; si immerge completamente nella narrazione, dando voce e volto agli operai, rendendo tangibili le loro battaglie e sofferenze.
La pellicola si concentra in particolare sulla cosiddetta “Palazzina LAF”, il reparto dell’Ilva trasformato in un lager per lavoratori ‘scomodi’, coloro che hanno osato opporsi, che hanno rifiutato di piegarsi a un sistema oppressivo. Con una narrazione cruda e autentica, basata su testimonianze reali e atti giudiziari, il film svela le dinamiche inumane e i drammi vissuti da chi, intrappolato in questa realtà, ha pagato un prezzo altissimo, arrivando in alcuni casi al suicidio.
Riondino, accompagnato da un cast che comprende nomi del calibro di Elio Germano e Vanessa Scalera, e con il contributo musicale di Antonio Diodato, naviga tra le ombre di una Taranto industrializzata, tra le vite spezzate e le speranze annientate di una classe operaia un tempo fiera e dignitosa, ora in preda a una crisi devastante.
“Palazzina LAF” non è solo cinema, è un’esperienza che si fa carico della realtà, un viaggio necessario e urgente attraverso le vicende umane e le battaglie legali che hanno segnato il destino di numerosi lavoratori. Un esordio potente, quello di Riondino, che con questa opera prima si afferma come un regista capace di guardare in faccia la realtà, di interrogarla e di denunciarne le ingiustizie con un linguaggio tanto autentico quanto universale.