Nella nuova pellicola “Te l’avevo detto”, Ginevra Elkann sembra rafforzare il suo linguaggio cinematografico già delineato nel suo esordio “Magari” del 2019. Il film, presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma 2023, è un’opera che tratta questioni umane e ambientali attraverso una lente intensamente personale.
La storia è ambientata in una Roma futura ma dolorosamente familiare, dove il surriscaldamento globale ha trasformato l’inverno in un’estate torrida. Una rovente cornice invernale che ospita una complessa rete di personaggi, tra cui Valeria Bruni Tedeschi e Alba Rohrwacher. Il film non è corale, ma unisce diverse trame attraverso il comune denominatore del calore estremo e della fede.
Gianna, interpretata da Tedeschi, è una donna che cerca di confrontarsi con il dolore e la sua instabilità emotiva. Lei è lo specchio di una certa Pupa, una ex pornostar interpretata da Valeria Golino, che si mantiene con live streaming e piccole esibizioni. Caterina, interpretata da Rohrwacher, è una madre alcolizzata che lotta contro il vuoto esistenziale e i problemi familiari. Un altro filo che collega queste storie è la figura di Padre Bill, un prete americano con un passato di dipendenza da eroina, interpretato da Danny Huston.
Elkann, co-sceneggiatrice del progetto insieme a Chiara Barzini e Ilaria Bernardini, dimostra una grande capacità nel costruire personaggi multidimensionali. La forza del film risiede nel modo in cui Elkann riesce a tessere trame distinte che esplorano differenti aspetti della condizione umana, dal dolore alla dipendenza, dalla follia alla redenzione.
Nonostante la sua imprevedibilità, il film riesce a mantenere una certa coerenza narrativa. Ogni personaggio è un universo a sé, instabile e imprevedibile, ma fortemente magnetico. Elkann sembra capace di catturare lo spirito del tempo, in un momento in cui la crisi climatica e i problemi umani sono più interconnessi che mai.
“Te l’avevo detto” si presenta come un’opera che esplora i recessi più oscuri della psiche umana e dell’ambiente in cui viviamo. È un film che stimola una riflessione profonda, non solo sull’attuale crisi climatica, ma anche sulla fragilità della condizione umana. Elkann, con questa sua seconda opera, conferma il suo talento e si delinea come una delle voci più interessanti del panorama cinematografico italiano contemporaneo.