Appuntamento da non perdere lunedì 25 novembre al Teatro Brancaccio di Roma con “Il Rigore che non c’era”, l’ultimo lavoro di Federico Buffa scritto a quattro mani con Marco Caronna che ne firma la regia e prodotto da International Music and Arts.
Federico Buffa, è un giornalista, telecronista sportivo italiano prevalentemente di Basket e commentatore sportivo, ed ha condotto alcune trasmissioni antologiche sempre a tema sportivo, ed in questo suo lavoro ha voluto porre in teatro una riflessione sul destino: quanto possono cambiare glie venti le nostre scelte quando si pongono davanti ad un bivio? Come cambierebbe non solo la nostra vita ma anche quella che ci circonda?
Le scelte dei personaggi mondiali, con il senno di poi, come avrebbero potuto cambiare il mondo nel corso del tempo? Buffa non si riferisce solo all’ambito sportivo, ma in anche e soprattutto in quello politico, culturale, musicale, una serie di ‘sliding doors’ in un turbinio di riflessioni raccontate con leggerezza di persone che hanno scelto, prima che l’arbitro fischiasse: di Garrincha e il Loco Housemann che svendono la loro vita scintillante a una bottiglia, di Mandela che decide di resistere 27 anni in carcere, di Billie Holiday che canta “Strange fruits” negli stati del sud, di Lebron James o di Colin Kaepernick che cantano della stessa cosa sui rispettivi campi da gioco. L’eterno gioco del ‘cosa succederebbe se..’ portato sulle assi del palco del Brancaccio
e si rivolge ad un un sedicente speaker – Marco Caronna, di una fantomatica radio notturna. I due masticano musica, lo speaker provoca, lancia domande, svicola continuamente per non rivelare a Buffa che è finito in un posto da cui non si può più uscire. I due personaggi sembrano fatti apposta per mischiare le carte, per portare la riflessione verso la casualità della vita: cosa sarebbe successo se Picasso avesse finito il blu, se Von Braun fosse rimasto in Germania e sulla luna forse non ci sarebbe ancora andato nessuno, se Ringo Starr non avesse incontrato gli altri tre Beatles, se JFK non avesse usato la decappottabile quel pomeriggio a Dallas…Insieme a loro sul palco, una donna – Jvonne Giò che canta, e sembra guidare le danze, un passo avanti agli altri. È lei a far balenare l’idea che il destino forse non ci lascia una scelta, che le porte da aprire non sono sempre due.