Al Palladium di Roma una inconsueta Medea sarà messa in secam l’1, il 2 ed il 3 marzo 2018.
“Nella Medea di Seneca, non c’è niente di realistico. Tutto ciò che in Euripide è concreto, familiare, realistico, in Seneca è totalmente mentale”.
Seguendo questo incipit drammaturgico, il regista Walter Pagliaro torna al Teatro Palladium di Roma – dopo il successo de “Il Pellicano” di Strindberg dello scorso anno per proporre una nuova versione di “Medea”, tragedia su cui lavora da oltre vent’anni, precedentemente messa in scena al teatro della Villa di Roma, a Tindari e all’Olimpico di Vicenza, in un importante spettacolo prodotto dall’Associazione Teatro dei Due Mari.
Sempre più mi convinco – afferma Pagliaro – che la sua genialità non sia nell’azione scenica, ma nella spettacolarità del pensiero e della parola. Questa nuova versione, che andrà in scena dall’1 al 3 marzo e sarà interpretata da un cast composto da Micaela Esdra, Blas Roca Rey, Marina Zanchi, Riccardo Zini, Fabrizio Amicucci, Michele Ferlito – musiche di Germano Mazzocchetti – verrà proposta in forma di oratorio drammatico: davanti a vuoti leggii, gli attori rivivranno infatti una storia mostruosa che da tempo conoscono ma di cui fanno fatica a prendere coscienza.
Medea, nel prologo del dramma, invoca le forze infere perché l’aiutino a realizzare un crimine straordinariamente empio per vendicarsi di Giasone, che l’ha abbandonata e tradita per sposare la figlia di Creonte. Il più mostruoso dei delitti, lei lo ha già concepito; ma per realizzarlo ha bisogno che esso lambisca la sua razionalità, emergendo dagli strati più oscuri di una caotica personalità.
La “Medea” di Seneca – continua Pagliaro – diventa così un lungo travaglio per portare alla luce una decisione che è già nell’istinto dell’eroina. La tragedia realizza, in modo sorprendentemente moderno, l’evoluzione di un pensiero che, non senza sofferenza, si chiarisce nella sua efferata crudeltà. L’uccisione dei figli, un crimine contro-natura, si fa strada nella testa di Medea, fra cedimenti e impennate di furore, pentimenti e sdoppiamenti di identità, finché il brivido della consapevolezza porta l’eroina a disconoscere paranoicamente quei figli, come non suoi ma della rivale, facendosi travolgere da una delirante allucinazione. “Medea nunc sum”, al verso 940, infine, sancisce con disperata modernità quanto ormai il gesto di Medea sia alla portata della quotidianità.
Lo spettacolo è realizzato in collaborazione e col sostegno dell’Associazione Gianni Santuccio.