Maradona è morto colpito da un’insufficienza cardiaca il 25 novembre a Buenos Aires. Probabilmente tra la notte e prime luci dell’alba.
Con storie e sequestri di cocaina, anche di mezzo chilo a casa di Maradona il discorso cambia. Tanto è vero che il “pibe de oro” era anche stato operato alla testa per un aneurisma. Aveva solo 60 anni e una vita esagerata alle spalle. Come quando Maradona venne fotografato nella fontana della villa di casa Giuliano a Napoli. E’ stato il più grande numero 10 del calcio. Meglio di Pelè, perché il brasile giocava all’unisono per O’ rei, mentre Maradona giocava da solo per l’albiceleste.
Cresciuto calcisticamente nel Boca Juniors, squadra del quartiere italiano di Buenos Aires, don Diego viene da una modesta famiglia. Fu acquistato da Corrado Ferlaino dal Barcellona per 13,5 miliardi di lire (cifra record per allora). Un milione di persone ha assistito alla camera ardente allestita alla casa rosata, in suo onore. Amico di Fidel Castro, andò a Cuba nel 2000 per disintossicarsi e curarsi. Sul braccio destro aveva tatuato il viso di Ernesto Che Guevara ed era convinto di essere un uomo di sinistra nonostante i suoi eccessi personali.
A Napoli, oltre ad una grande amore da parte del popolo partenopeo, lascia un figlio, Diego Junior, avuto da una ragazza napoletana – Cristiana Sinagra- e riconosciuto dopo 21 anni.
Due gli episodi a cui ho assistito in prima persona.
Arrivò al ritiro della nazionale argentina che aveva sede a Trigoria, concesso dalla Roma per farsi pubblicità, con due Ferrari. Una delle Ferrari era guidata dal fratello di latte, Lalo, il quale però non possedeva patente di guida. I carabinieri di Trigoria lo fermarono e lo multarono per questo.
Il secondo episodio racconta di 70mila persone in festa al S.Paolo mentre vedevano Maradona palleggiare. Stile impeccabile, era un “olè” continuo. Un collega, di cui non faccio il nome, andò dentro gli spogliatoi per cercare di intercettare Maradona per un’intervista, ma era blindato. Se la inventò di sana pianta e scrisse: “saludos al pueblo napoletano”. A Napoli è morto un papa, anzi un Dio.
Qualcuno ha acclamato la santificazione. Col Napoli ha vinto due scudetti, una coppa Italia, una supercoppa italiana ed una coppa UEFA in quattro anni. In quel mondiale del 1986 segnò due goal all’Inghilterra: uno con la “mano de Dios” e l’altro toccando undici volte il pallone e saltando 7 uomini, portiere incluso. Classe innata, talento puro. Genio e sregolatezza. Con Maradona a Napoli il nome Diego è diventato popolarissimo.