Dalla cerimonia di inaugurazione agli sport, quando il gender fa parlare

Se solo sapessimo ritornare indietro nel tempo, nell’antica Grecia, quando la sessualità era espressa, oltre che nelle coppie eterosessuali anche dagli erastes ed eromenos, amanti ed amati, sia durante il suo periodo più arcaico sia nell’età classica, sapremmo che tutto l’insieme di sfumature erano considerate il modello culturale di riferimento del paese più evoluto.

La rappresentazione storica, ma anche iconografica della storia sessuale greca, poi traslata, seppur con altre sfumature in quella romana riempie la nostra cultura e la nostra storia, una storia ormai nota a mezzo mondo, ma che, per le notizie di cronaca, la sua negazione di esistenza sembra entrare in un vorticoso tunnel  spietato e violento che attanaglia le prime e le seconde pagine dei giornali.

Ma non solo cronaca violenta. La sua negazione, entra nella vita di tutti I giorni, nella politica quanto nella preghiera, sugli autobus e nei bar, nelle battute quanto nei monologhi. Un tabù mai sfatato, uno stigma che corrode anime e corpi. Fino a destare scalpore una cerimonia olimpionica trasmessa in tutto il mondo, dove uomini con la barba e con la gonna hanno fatto chiudere gli occhi di tanti. Sembra che la rappresentazione greca, luogo di origine storica delle olimpiadi, non doveva essere conforme con la storia.

E che la religione, da sempre contraria all’omosessualità, in tutto questo entri a gambe tese, lo dimostra il fatto che una allegoria greca di un tributo politeista venga scambiata per quella dell’ultima cena ed essendo i personaggi figuranti uomini ‘en femme’ lo scandalo viene servito su un piatto d’argento, soprattutto della politica conservatrice.

Ma questa è storia ormai dei giorni passati che di certo fa da peambolo ad un caso agonistico di uno sport da combattimento, la nobile arte, il pugilato anche se, in questo frangente, coniugato al femminile.

L’azzurra Angela Carini (in foto copertina) si batterà sulle tre riprese contro l’agerina Imane Khelif nella categoria dei 66kg. E tutto questo segue la logica degli scontri sportivi, se non fosse che Imane Khelif sia stata al centro di una controversa storia. La pugile africana e la taiwanese Lin Yu-ting sono state ammesse al torneo a cinque cerchi dopo la squalifica imposta dall’International Boxing Association per i livelli di testosterone troppo elevati. Le due atlete durante I mondiali di di Nuova Delhi, organizzati dall’IBA, l’International Boxing Association, erano state squalificate con la medaglia al collo o quasi, per la presenza di cromosomi XY e per questo erano state estromesse dagli eventi sportivi così da garantire integrità ed equità della competizione.

La Khelif, due volte campionessa d’Africa, era stata però già ammessa alle olimpiadi di Tokyo 2020 in quanto rispettano le norme di ammissibilità e di iscrizione alla competizione, nonché tutte le norme mediche applicabili in conformità con le regole 1.4 e 3.1 dell’Unità di pugilato, tanto di Tokyo allora, quanto Parigi oggi.

Inutile dire che il ministro dello sport italiano nella tutela dell’atleta azzurra ha diramato una nota in cui afferma: “Trovo poco comprensibile che non ci sia un allineamento nei parametri dei valori minimi ormonali a livello internazionale, che includa quindi europei, mondiali e Olimpiadi. Nell’evento che rappresenta i più alti valori dello sport si devono poter garantire la sicurezza di atleti e atlete, e il rispetto dell’equa competizione dal punto di vista agonistico. Domani, per Angela Carini non sarà così” mentre il portavoce del CIO, Mark Adam, ribatte “Queste atlete sono idonee, sono donne sul loro passaporto. Competono da molti anni e penso non sia utile iniziare a stigmatizzare le persone che praticano sport come questo” rimarcando come abbiano già combattuto nelle olimpiadi precedenti.

Praticamente una eventuale decisione di escluderle dalla competizione sarebbe una scelta che contrasterebbe i principi di inclusività e uguaglianza promossi dal CIO.

Insomma, ancora problemi di gender che ruotano attorno a queste olimpiadi d’oltralpe, e questa volta il dilemma ruota attorno ad una questione di tutela.

La difesa dei diritti che garantiscono a qualsiasi atleta di partecipare alle Olimpiadi o la tutela di uguaglianza delle forze negli incontri?

Insomma, la questione di gender, entra nel vivo anche dei giochi olimpici convolgendo ministri e politici: il vice premier italiano Matteo Salvini, e a seguire decine di esponenti della Lega, hanno puntato il dito contro “il pugile trans” dell’Algeria, rilanciando un video di un’atleta messicana sconfitta dalla Khelif. “Uno schiaffo all’etica dello sport e alla credibilità delle Olimpiadi”. Anche in questo caso la politica conservatrice si scaglia contro I principi sportivi stabiliti dal CIO. E’ sicuramente un errore definire la pugile algerina “transgender”. Di Imane Khelif non è mai stato accertato che abbia cambiato sesso, iniziato o terminato una transizione di genere e pertanto definirla transgender è, al momento, molto scorretto ed una catalogazione del genere ad uso e consumo di “pruriti” o di discussioni che mettano in pericolo la dignità umana può essere davvero molto pericoloso.

“L’atleta algerina Imane Khelif, che affronterà domani l’azzurra Angela Carini non è una donna trans, diversamente dalle notizie che circolano sin da ieri. Dalle informazioni che abbiamo su di lei, si tratta di una persona intersex, che si è sempre socializzata come donna e ha una storia sportiva nelle competizioni femminili” , afferma Rosario Coco, presidente di Gaynet. Va ricordato inoltre va ricordato che l’Algeria proibisce anche il cambio del genere sui documenti, mentre, sul passaporto dell’atleta, appare il genere femminile.

Ma in tutto questo  Angela Carini, che dice? “Io devo adeguarmi a quello che ha deciso il Cio, quindi domani andrò sul ring e darò tutta me stessa”.