La prima medaglia azzurra agli Europei indoor è di Mattia, ma il sapore è agrodolce: “Io a 8.12 mi scaldo”
Dopo gli Europei di Roma dello scorso anno ci prova anche in campo indoor. Suo il socondo posto sul podio con un pizzico di stizza per il risultato ottenuto. Ma può un argento europeo lasciare amarezza? Se ti chiami Mattia Furlani, la risposta è sì. Perché quando sai di valere ben oltre il risultato ottenuto, quando senti che quella gara avrebbe potuto essere tua, è impossibile non provare un pizzico di delusione.
La prima medaglia della spedizione azzurra agli Europei indoor di atletica in Olanda è sua, ma il ventenne romano delle Fiamme Oro non sorride fino in fondo. Non è solo per quei 8.12 metri che, come ammette lui stesso, sono una misura con cui si scalda. Non è solo perché manca all’appello Miltiadis Tentoglou, il campione che ha dominato la scena negli ultimi anni. È perché, in questa finale, Mattia ha lottato più con sé stesso che con gli avversari.
La sua gara è stata un’altalena di emozioni. Si parte con un nullo, poi arriva un risultato positivo che sembra rimetterlo in carreggiata. Ma non basta. Lo spagnolo Lescay atterra a 8.12 e il margine si riduce. Poi due nulli, figli di una rincorsa che ancora non è nelle sue corde. Un dettaglio? No, perché Mattia ha deciso di cambiare il suo approccio alla pedana, passando da 16 a 18 passi. Due passi in più che significano tutto: più velocità, più spinta, ma anche più difficoltà nel trovare il giusto timing di battuta.
Al quinto salto, però, finalmente arriva un 8.12, con un errore che pesa come un macigno: lascia più di 25 cm sull’asse di battuta. Sarebbe stato un salto da podio mondiale. Ma in quel momento è comunque primo, grazie alla seconda miglior misura.
E poi arriva la beffa. Il bulgaro Sarâboyukov, che fino a quel momento non aveva mai sfondato il muro degli 8 metri, piazza il jolly: 8.13. Un solo centimetro in più di Furlani, quel centimetro che fa tutta la differenza del mondo.
Mattia si prepara all’ultimo salto, quello della verità. Si concentra, si lancia, atterra. Si mette le mani nei capelli, convinto di aver fatto il colpo vincente. Ma il tabellone dice 8.09. È argento, ma non basta per lui.
Furlani non si nasconde, non cerca scuse. Ai microfoni Rai, con la franchezza dei campioni veri, dice:
“Mi dispiace, ho lavorato bene, ho fatto la mia gara, ma potevo ambire a molto di più. Ho litigato con la rincorsa, ma i progetti sono a lungo termine. Questa rincorsa non la cambierò per molto tempo, meglio che succeda ora agli Europei indoor che alle Olimpiadi. Ora c’è ancora un appuntamento indoor importante, il Mondiale”.
Poi, con la lucidità di chi sa guardare avanti, aggiunge:
“L’argento lo metto in bacheca e continuo a lavorare. Anche Tentoglou, se fosse stato qui, avrebbe potuto fare una gara del cavolo, come ho fatto io stasera”.
Parole che raccontano ambizione, consapevolezza e fame di vittoria. Perché, a soli vent’anni, Mattia sa che questo è solo un passaggio di crescita, una tappa verso qualcosa di più grande.
L’oro è sfuggito per un soffio, la rincorsa è ancora un cantiere aperto, ma il talento e la mentalità sono quelli di un campione destinato a dominare. Il cannibale, come chiama chi non si accontenta mai, ancora non è nato. Ma Furlani ha già nel sangue l’istinto del predatore, e per quella corsa a 18 passi, ci vuole ancora tempo.
