Filippo Tortu abbraccia Marcell Jacobs

Filippo Tortu abbraccia Marcell Jacobs

foto: Riccardo Piccioli

Vincere è bello, farlo dopo essere caduto lo è ancora di più 

Ricorderemo tante immagini della spettacolare collezione di emozioni delle nuove Notti Magiche dell’Olimpico. Ma ieri ce n’è stata una che ci ha davvero conquistato. Anzi, più di una. Una sequenza. Il modo con cui Filippo Tortu dopo la vittoria della 4 x 100 azzurra s’e messo a cercare l’abbraccio dei suoi compagni di squadra, a cominciare da Marcell Jacobs per proseguire con Matteo Melluzzo e Lorenzo Patta, il mago dei cambi. È stata come una liberazione dell’animo, mille luci che hanno dato il cambio a quella sensazione di buio che il velocista ha avvertito subito dopo la grande delusione dei 200. Il fatto è che vincere è bello, farlo dopo che ti sei sentito a pezzi, lo è ancora di più. 

La storia è nota. Nella semifinale dei 200, Tortu era andato come un treno fissando il cronometro a 20”14, soprattutto dando la sensazione di avere ancora un ulteriore colpo di acceleratore pronto per la finale. Poi, 24 ore dopo, ecco il tonfo. Che poi tonfo non era perché comunque non è giusto considerare una medaglia d’argento una roba da buttare via. Come tale però, Filippo aveva vissuto la serata, si sentiva in zona sub 20 secondi e si ritrovava a fare i conti con un normale 20”41. E subito la corsa a capire che cos’è che non era andato: un blocco psicologico, la stanchezza dello sforzo del giorno prima, un generale black out, era statoIl campionario delle ipotesi.

La staffetta, però, per Tortu è stata ancora una volta un colossale e squisito tiramisù su cui avventarsi per costruire in tempi bravi un immediato riscatto. E così le lacrime in solitudine sono diventati gli abbracci in mezzo a un Olimpico finalmente un po’ affollato. E con il presidente della repubblica Sergio Mattarella sempre più divertito e felice. A questo punto sì, dopo la sbornia di medaglie, possiamo godercela. Pensando a Parigi, con fiducia ma coscienti che l’Olimpiade sarà una partita molto più complicata.

Golden Gala Pietro Mennea: Lo sprint fa sognare