Il verdetto del campo non è quello sperato, ma la Lazio può guardare oltre il risultato con la testa alta e la consapevolezza di aver dominato, almeno sul piano del gioco. Il derby capitolino finisce 1-1, un pareggio che sa di occasione persa, soprattutto alla luce di una prestazione lucida, intensa e coraggiosa, di fronte a una Roma apparsa remissiva e opportunista. Alla fine, a sorridere sono i giallorossi, graziati da un ispiratissimo Svilar e da un lampo estemporaneo di Soulé. Ma per i biancocelesti resta la sensazione – netta – di un’occasione sfumata più per demeriti altrui che propri.
Il tecnico Baroni conferma in extremis Mandas tra i pali, mentre in difesa spiccano le sorprese Gigot e Dele-Bashiru, preferiti rispettivamente a Gila e Dia. Sulle corsie, prima da titolare per Pellegrini, mentre a destra c’è il solito Marusic. A centrocampo agiscono Guendouzi e Rovella, mentre in attacco Castellanos ritrova la maglia da titolare con Isaksen e Zaccagni ai lati.
Dall’altra parte, Ranieri opta per una Roma prudente, schierando Pellegrini sulla trequarti insieme a Soulé, a sostegno dell’unica punta Dovbyk, preferito a Belotti. Il risultato? Una squadra attendista, a tratti timorosa, tenuta a galla solo dalla serata monumentale del proprio portiere.
La gara si accende sin dai primi minuti, quando Paredes rifila un gesto poco sportivo a Zaccagni: solo giallo per Sozza. Sul calcio piazzato che ne segue, Lazio subito vicina al gol con un colpo di testa di Romagnoli, su cross di Isaksen, deviato miracolosamente da Svilar. Ed è solo l’inizio del duello tra il portiere belga e l’attacco laziale.
La Lazio prende campo, comanda il ritmo e sfonda a sinistra con la solita verve di Isaksen, che al minuto 21 sfiora ancora il vantaggio: azione confusa, recupero alto di Rovella, palla filtrante per il danese, che calcia a botta sicura, ma ancora una volta Svilar dice no.
Anche al 37’, su assist di Castellanos, Isaksen ci riprova con un sinistro a giro, ma l’estremo difensore romanista si conferma reattivo. La Roma? Poco più di uno sparring partner, con rare folate offensive che non impensieriscono Mandas.
Il secondo tempo si apre con la Lazio ancora propositiva e finalmente premiata: al 47’, punizione guadagnata da Castellanos, battuta magistrale di Pellegrini e Romagnoli, ancora lui, stavolta la mette dentro. Capocciata perfetta e corsa sotto la Curva Nord, con bacio alla maglia a suggellare l’1-0. Emozione pura.
Il vantaggio accende ulteriormente il match: la Roma prova a rispondere con un colpo di testa di Mancini, deviato in corner da uno strepitoso Mandas, mentre la Lazio sfiora il raddoppio con Guendouzi, ancora su palla inattiva.
Poi, al 66’, arriva la doccia fredda: Soulé, fino a quel momento intermittente, pesca il jolly con un mancino potente dai 20 metri. La palla bacia la traversa e supera la linea: è 1-1. Una beffa. La Roma pareggia senza aver mai davvero costruito.
La Lazio non ci sta e prova subito a reagire con Pedro, la cui conclusione viene ancora neutralizzata da uno Svilar insuperabile. Al 76’, la chance più nitida del secondo tempo: cross perfetto di Dele-Bashiru, intervento maldestro di Ndicka e palla che carambola sui piedi di Dia, a terra, ma ancora una volta il portiere romanista è provvidenziale nel rimpallo.
In pieno recupero, l’ultimo brivido: corner di Pedro e stacco di Noslin, che però non impatta come dovrebbe. Palla alta, mani nei capelli e applausi della Curva Nord, che saluta una squadra generosa, sfortunata, ma decisamente viva.
Il derby non si vince, ma la prestazione è di quelle che rafforzano lo spirito di squadra. La Lazio ha giocato, ha creato, ha dominato per lunghi tratti, ma paga l’incapacità di essere cinica e una serata perfetta del portiere avversario. La Roma strappa un punto immeritato, la Lazio si prende gli applausi del suo popolo.
E anche se il rammarico è grande, la classifica resta lì: compatta, viva, ancora tutta da scrivere. La zona Champions non è un miraggio. E con questo spirito, nulla è precluso.