Occhio a Tebogo. Per chi stasera all’Olimpico per vedere il Golden Gala e per quelli che si accontenteranno della tv. Il ragazzo del Botswana che vive e si allena spesso a Brescia ha portato il primo oro olimpico al suo Paese sui 200 e oggi sui 100 sarà uno dei grandi avversari di Marcell Jacobs. Nei giorni scorsi è stato anche da Papà Francesco per chiedere una preghiera per la mamma Elizabeth scomparsa in maggio a 44 anni e che da allora è sempre nei pensieri di Letsile.
Tebogo e il campione del silenzio e della discrezione. Poche settimane fa gli chiesero: “Aspiri a diventare il volto dell’atletica per i prossimi anni?”. E lui:
«Credo che non potrò essere il volto dell’atletica perché non sono una persona arrogante o rumorosa come Noah Lyles».
Detto senza polemica ma anzi con un filo di ammirazione verso lo statunitense olimpionico dei 100. Comunque di rumore ce n’è stato quanto Tebogo è tornato in Botswana. Il velocista africano è stato accolto da una folla infinita al suo rientro, una cerimonia di festeggiamento con uno stadio strapieno.
Letsile – che si trova a Roma poiché venerdì sarà uno dei protagonisti di un 100 metri stellare al Golden Gala – è stato ricevuto stamattina da Papa Francesco in Vaticano, insieme all’atleta ucraina Anna Ryžykova, bronzo ai Giochi di Londra nella staffetta 4×400, anche lei in gara a Parigi.
Tebogo ha chiesto al Papa una preghiera per la mamma, e gli ha mostrato le scarpe con le quali ha vinto le Olimpiadi a Parigi: vi sono, infatti, incise le iniziali del nome e la data della nascita di mamma Elizabeth (23.12.1980).
“Vedendomi vincere l’oro olimpico forse tante persone saranno andate a cercare sulle mappe dove si trova il Botswana e leggendo sulle mie scarpe le iniziali del nome di mia madre a e la sua data nascita spero che qualcuno avrà pregato per lei» dice Tebogo. Proprio le scarpe che ha il Papa ha benedetto raccontano la sua storia. Ha iniziato a correre scalzo nel 2019: il primo paio le ha calzate l’anno dopo, quando ha vinto i campionati nazionali e ha scelto di mettere da parte il calcio (giocava scalzo, naturalmente) per l’atletica.
«Correre senza scarpe in Africa e nelle regioni povere del mondo è normale» racconta Tebogo. «Le mie prime gare le ho corse con i pantaloni di mio zio. Spero che le mie vittorie sui 100 e sui 200 metri portino attenzioni al Botswana e all’Africa in generale. È significativo che gli africani non vengano visti unicamente come atleti che corrono le lunghe distanze». Non manca una proposta: «Con più strutture anche sportive, sarebbe importante organizzare finalmente le Olimpiadi in Africa: il mondo conoscerebbe culture straordinarie!».
Tebogo è particolarmente commosso di aver ricordato la mamma insieme con il Papa: «Sono certo che mia mamma è felice, era una donna di fede. Quando è morta, per un cancro al seno dopo una lunga battaglia, ho pensato di chiudere con lo sport. Ora ho vinto i Giochi per e con mamma. Per mia sorella, che ha 12 anni, e per me lei è stata ed è tutto! Ci ha dato l’opportunità di crescere nonostante il contesto dove siamo nati: il villaggio di Kanye che nessuno sa dov’è. Sempre insieme, grazie allo sport abbiamo visto città che non pensavamo neppure esistessero!». E aggiunge: «Ero un bambino iperattivo, senza speranze: lo sport e l’amore infinito di mamma hanno consentito di realizzarmi nella vita, fino all’oro olimpico. Ma tutti i bambini in Africa dovrebbero avere queste opportunità».
Il soprannome di Tebogo è school-boy. A lui piace: «Mi hanno chiamato affettuosamente così i compagni di staffetta al World relays in Polonia nel 2021: ero il più piccolo, uno “scolaretto”». Poi ha vinto medaglie internazionali a raffica a suon di record. «Ma resto uno school-boy» confida «con l’umiltà che mi ha testimoniato mamma, la mia roccia. La porto in ogni respiro e in ogni passo. E ogni tanto mando un bacio al cielo per lei».