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Le discese ardite e quelle sparite

Due vittorie negli Slam in un anno significano tanto. Se andiamo a scorrere l’albo d’oro della storia del tennis, la doppietta è riuscita solo ai grandi. Non stiamo qui a fare un elenco dei nomi, ma se evitiamo di tornare ai tempi di Bill Tilden, Jack Kramer, Pancho Gonzales… fino all’immenso Rodney George Laver, partendo da Bjorn Borg e John McEnroe, per arrivare all’ultimo successo di Jannik Sinner agli US Open, i vincitori di due Major nello stesso anno si contano nelle dita delle mani. A ritroso: Alcaraz, Djokovic, Nadal, Federer, Agassi, Sampras, Becker, Wilander, McEnroe, Connors e Borg. “Not too bad”, come direbbe Novak Djokovic, il tennista più vincente della storia con 24 coppe dello Slam, nell’era in cui doveva ferirsi di spada con Federer e Nadal. Riusciremo a vedere qualcuno in grado di superarlo? Mai dire mai, ma l’impresa sembra una mission impossibile per l’usura che comporta il tennis contemporaneo.

Se David Foster Wallace scrisse un pamphlet in onore del Magnifico, ROGER FEDERER as RELIGIOUS EXPERIENCE, è perché rimase pietrificato davanti ai passi di danza sul campo del fenomeno di Basilea. Non si può dire altrettanto di quello che abbiamo visto sull’Arthur Ashe nella finale dei Campionati statunitensi. Il gioco baseline di Jannik Sinner e di faccia d’angelo Taylor Fritz (pulita e non sporca come quella di Angelillo, Sivori e Maschio), è stato di una noia mortale. Non l’avranno avvertita gran parte degli italiani, con il presidente Angelo Binaghi che si fregava le mani infischiandosene delle volée sparite dai fondamentali; ma per i puristi, con Adriano Panatta in prima fila quando non si addormentava, il pensiero al serve & volley, alla bellezza del gioco, non esclusa l’arte, è stato ricorrente dal primo all’ultimo game di una partita senza storia e senza anima, conclusa in tre rapidi set.

Laver, McEnroe e Sampras, oh mio Pistol Pete!, non torneranno più.  Mac “The Genius” secondo la sua autobiografia You Cannot Be Serious si ispirò molto a Laver che serviva e attaccava, come Becker, come Edberg, come pochi altri da lì in poi. Fortuna che abbiamo YouTube e tanti documentari su Sky per rifarci gli occhi. Sembrerà troppo nostalgico, più che altro impossibile con le armi letali di questo evo, ma una volta, dico solo una volta, scendeteci a rete dopo aver lanciato in alto la pallina. Non è solo una questione di alzare le coppe, si tratta di qualcosa di molto più importante, di qualcosa di molto più coraggioso, di qualcosa di antico che potrebbe tornare attuale. Il divertimento!     

Maurizio Ruggeri

Crediti foto: IG Jannik Sinner