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Da poco si è conclusa la 33a edizione delle Olimpiadi, la cornice? Una delle più romantiche, la città dell’amore, Parigi. Al centro di tutto, però, come sempre, sport e atleti che per due settimane circa hanno tenuto con il fiato sospeso milioni di spettatori pronti a tifare per la propria nazione. La bellezza delle Olimpiadi la troviamo tra il pubblico, osservatore attento, giudice inamovibile, pronto a seguire una disciplina che probabilmente non ha mai visto e non vedrà per i quattro anni successivi. Andy Warhol affermava che “In futuro ognuno sarà famoso per 15 minuti”, questo succede quando si entra nell’Olimpo dello sport, con atleti che cercano la gloria, ambiscono al metallo più pregiato dopo anni di preparazione, lottando per ore, minuti e, a volte, secondi, inseguendo un sogno che dopotutto ogni sportivo custodisce nel proprio cassetto. Atleti, fantastici, supereroi, vinti e vincitori, questi ultimi, gli unici che vengono ricordati, gli unici in grado di scrivere il proprio nome nella storia dello sport. Ecco,Parigi 2024 è stato un anno particolare, anno di polemiche, da Imane Khelif, al settebello girato di spalle durante l’inno. Un anno di medaglie, [eguagliato Tokyo 2020 n.d.r] , molte, troppe, quelle di legno, che ci avrebbero potuto portare a sfiorare la tanto ambita (da chi?) top five delle migliori nazioni in gara.

È proprio dalle medaglie di legno, che, però, abbiamo vinto la sfida più importante, quella contro le apparenze. Nel film “L’arte di vincere” Brad Pitt interpreta Billy Beane, direttore generale di una squadra di baseball che afferma “Odio perdere, più di quanto ami vincere”. Questo concetto, a Parigi 2024, è stato completamente ribaltato da una ragazza di appena 19 anni, arrivata quarta per un centesimo di secondo, alla sua seconda Olimpiade. Benedetta Pilato. Ranista, detentrice di ogni record nazionale nel suo stile, vincitrice di una medaglia d’oro ai mondiali di nuoto 2022. Subito dopo quel quarto posto, che agli occhi di tutti aveva la forma di una sconfitta, Benedetta si è commossa, lacrime di gioia le sue, gioia di una generazione che comprende quanto una sconfitta non identifichi la persona, quanto un fallimento non significhi per forza aver fallito. Questa incredibile lezione non è stata recepita immediatamente dalle generazioni over 30, dichiarazione etichettata come “Assurda”, “Impensabile”, “Impossibile”, uno scontro quasi generazionale, che ha visto moltissimi atleti, arrivati ai piedi del podio, ribadire il concetto lanciato dalla giovane Benedetta.

Federica Pellegrini afferma che “Probabilmente il percorso è quasi più importante del risultato”, lei che ha vinto tutto e che ha anche perso, perché nello sport i valori sono altri, il sacrificio, la dedizione, la fatica, tutto questo va oltre una medaglia. “Ho smosso una generazione” risuonano forti le parole della Pilato, non solo una, ma molte, questa Olimpiade ha avvicinato i giovanissimi ai più grandi, ha fatto sì che gli “adulti” entrassero nel mondo dei “bambini” dove anche uno stadio pieno è un risultato da conservare stretto nell’album dei ricordi. Parigi 2024, non sarà stata, per noi, l’Olimpiade più vincente, non sarà stata l’Olimpiade dell’oro nel salto in alto e non sarà stata l’Olimpiade dell’oro nei 100 metri, ma è stata l’Olimpiade del primo oro della Nazionale femminile della Pallavolo, quella del primo oro nella ginnastica artistica, è stata l’Olimpiade dei perdenti, che, forse, ci ha fatto vincere la medaglia più sfavillante…

Damiano Poggi