C’è un’aria di contrasti che avvolge l’Olimpico. Da una parte, gli applausi scroscianti e i cori dedicati a Claudio Ranieri, protagonista di una Roma finalmente capace di reagire, ritrovarsi e tornare a essere quella squadra che non era stata per troppo tempo. Dall’altra, i fischi impietosi alla proprietà, con Ryan Friedkin finito nel mirino della critica di una tifoseria stanca di aspettare promesse mai mantenute. È il racconto di una serata di calcio che racchiude due anime opposte: la gioia per i tre punti e la delusione per una crisi percepita ancora troppo vicina.
Il merito del riscatto va, senza dubbio, a Claudio Ranieri. L’allenatore ha saputo prendere in mano una squadra smarrita, riorganizzandola con scelte tattiche vincenti e una visione chiara. La decisione di schierare un attacco leggero ha messo in crisi la difesa statica e muscolare del Lecce, incapace di leggere i movimenti del tridente.
Nel gol di Saelemaekers si è vista tutta la nuova filosofia giallorossa: El Shaarawy si abbassa per ricevere, Dybala svuota l’area con un movimento intelligente, e il terzo uomo, pronto all’inserimento, finalizza l’azione. Sul secondo gol, un assist ancora di El Shaarawy ha permesso a Mancini di insaccare, mentre il terzo è arrivato grazie all’ottimo inserimento di Pisilli. Una Roma organizzata, coraggiosa e finalmente intraprendente.
E il pubblico lo sa, lo sente, e lo riconosce. Applausi e striscioni celebrano il lavoro di Ranieri, l’uomo capace di ridare alla squadra quella voglia di sudare, correre e lottare che sembrava smarrita. Certo, non tutto è perfetto – il rigore del momentaneo 1-1, concesso da Saud Abdulhamid per un intervento scomposto, ne è la prova – ma è evidente che questa squadra stia tornando a provarci davvero.
Ma se il campo regala qualche sorriso, sugli spalti non mancano i malumori. Il maxischermo, impietoso in certi momenti, ha inquadrato Ryan Friedkin, bersaglio dei fischi dei tifosi. È il simbolo di un malcontento che va oltre la partita, un sentimento che affonda le radici nella gestione della crisi e nelle scelte societarie ritenute inadeguate.
Per una parte della tifoseria, non basta vedere una squadra che si rialza. Serve di più, serve ambizione, programmazione, investimenti concreti per riportare la Roma ai vertici del calcio italiano ed europeo. I fischi sono il segnale di una frattura tra la piazza e la proprietà, una distanza che nemmeno i primi segnali di ripartenza riescono ancora a colmare.
La domanda, allora, è questa: c’è davvero da festeggiare? La risposta, come spesso accade, dipende dai punti di vista. Per alcuni, basta vedere una squadra che lotta, che corre e che ci prova davvero sul campo. Dopo il buio delle ultime settimane, anche un piccolo segnale di vita è motivo per sorridere, sia sugli spalti dell’Olimpico che sui divani di casa.
Per altri, invece, la felicità resta un’illusione temporanea, una fiammata che rischia di spegnersi presto se non supportata da una visione a lungo termine. Ma in fondo, la scala della felicità non è uguale per tutti. A volte basta poco per ritrovare entusiasmo: un gol, una vittoria, una squadra che finalmente sembra aver ritrovato sé stessa.
Nella serata dell’Olimpico, raccontata da Giulia Virginia Baroni, abbiamo visto una Roma sospesa tra due stati d’animo. Da una parte, la fiducia e il ringraziamento ad un allenatore che ha saputo risvegliare una squadra. Dall’altra, la rabbia e il malcontento verso una proprietà percepita distante.
Forse non è ancora il momento di festeggiare davvero, ma è sicuramente il momento di accogliere questi primi segnali positivi e di sperare che la strada intrapresa sia quella giusta. Perché, alla fine, ogni rinascita comincia da un piccolo passo. E Ranieri e la Roma sembrano averlo fatto.